Richard Katz Archives - Il Canto di Estia di Marisa Raggio

CRONACA FLOREALE DEI GIORNI PIÙ STRANI: COVID 2020. PARTE 5

CRONACA FLOREALE DEI GIORNI PIÙ STRANI: COVID 2020. PARTE 5

18 APRILE 2020

Dopo 41 giorni di lock down siamo cambiati un po’ tutti. Le emozioni vengono a galla in modo evidente  e certe volte ci sentiamo imbarazzati dalla loro veemenza. Questo intenerimento ci sorprende, ma che fatica mantenere il distacco quando gli unici rumori  metropolitani che entrano nelle nostre case sono le sirene delle ambulanze!

BORAGE
E’ arrivato il tempo di accettare la COMMOZIONE, di smettere di avere paura dei sussulti del nostro cuore.
Se lui ancora riesce a commuoversi, “muoversi con “, nonostante la tristezza, significa che è vitale e sta lottando per uscire dalla cappa della rassegnazione.
Stiamo imparando a non temere le nostre emozioni, perché alla fine, ci vuole CORAGGIO, anche per ritrovare la GIOIA.
Mi sono appena resa conto che nei miei post in questi giorni, sto usando sempre di più il termine “commuovere”, strano, non sono mai stata una tanto facile alla lacrimuccia, però, si sa, invecchiando…
Non credo tuttavia che sia solo un problema anagrafico, quante e quanti fra voi si sono accorti in questi giorni di “avere le lacrime in tasca”?
Troppe cose sono arrivate a shakerare i nostri stati d’animo: l’isolamento, la lontananza dai nostri cari o dalle persone amiche, la perdita di rituali che confortavano e ci aiutavano a stare bene.
Soprattutto, penso che quello che ci rende così vulnerabili emotivamente siano le notizie continue che riceviamo. Ci vorrebbe un cuore di pietra per non partecipare a tanto dolore, a tante difficoltà e a tanti gesti di enorme generosità, mentre a noi viene solo chiesti di restare “dentro”.
Così alcune volte ci sentiamo inutili, mentre altre siamo costretti entrare in contatto con il malloppo ingombrante di emozioni da cui fino ad ora ci eravamo accuratamente difesi.
Il sistema di Fiori Californiani della F.E.S. ha scoperto un rimedio che reputo molto pertinente per lo stato emozionale che stiamo attraversando: Borage.
La Borragine, molto comune nelle campagne e negli orti dell’area mediterranea, viene utilizzata a scopo alimentare in diversi modi: se non avete mai assaggiato i ravioli liguri ripieni di borragine, allora vi siete persi una squisitezza!
In fitoterapia questa pianta è considerata ricca di molte proprietà ed è usata in ogni sua parte: fiori, foglie, semi.
I molteplici utilizzi di Borago Officinalis, ci rimandano alle qualità dell’essenza floreale scoperta da Patricia Kaminski e Richard Katz.
Nella mia pratica di floriterapeuta penso a Borage ogni volta che sento la frase “ho il cuore pesante” e, a livello personale, ho proprio notato che l’essenza ci “rincuora” nei momenti più cupi.

Così Patricia Kaminski descrive Borage
“TROVO LA FORZA PER AFFRONTARE LE PROVE DELLA VITA.
RIEMPIO IL MIO CUORE DI LUCE GIOIOSA E INCORAGGIANTE.
E QUESTO CORAGGIO RAFFORZATO DALLA LUCE RENDE LIETO E ALLEGRO IL MIO CUORE.”

“Erbe buone per l’anima e per la… gola”

“Erbe buone per l’anima e per la… gola”

Quando il sole si fa più discreto, attenuata la vampa estiva, sotto gli ulivi cominciano a spuntare, tenere, tenere, le erbe selvatiche e finalmente la raccolta può incominciare. Sono le erbe che noi conosciamo perché ne utilizziamo le vibrazioni sotto forma di essenze floreali e il cui principio attivo ci aiuta a curare diversi acciacchi. Erbe spontanee che sapientemente cucinate contribuiscono da secoli a rendere la cucina ligure, che è essenzialmente “povera”, così saporita e profumata.

Tra le tante ricette che utilizzano questo bendiddio, vi presento la più semplice, ma anche quella che fa più discutere a partire dall’origine del suo curioso nome: PREBUGIUN . Si racconta che il termine derivi addirittura da Goffredo di Buglione che aveva attraversato il territorio con i suoi crociati. Questi chiedevano offerte di cibo alla popolazione “ pro Buglione”, di qui Prebugiùn o Preboggiòn, a seconda delle zone.

Il piatto è davvero elementare: un insieme di erbe selvatiche che vengono fatte lessare e poi mescolate alle patate bollite, il tutto deve essere poi abbondantemente innaffiato da ottimo olio di frantoio.

Meno semplice è invece la sua composizione che negli anni è andata impoverendosi, molte erbe ormai non si trovano più, o piuttosto, sempre meno persone le sanno riconoscere.

Le principali erbe che compongono il brebugiùn sono: Cicerbita (lig. scixèrbua – Sonchus oleraceus); Grattalingua, (lig. [rat]talêgua – Reichardia picroides); Raperonzolo, (lig. ranpunçu – Campanula rapunculus); Cicoria, (lig. radicion – Cichorium intybus); Radicchio selvatico, (lig. denti de coniggio – Hyoseris radiata); Tarassaco, (lig. dente de can – Taraxacum officinale); Borragine, (lig. boraxe – Borago officinalis); Bietola di prato, (lig. gè – Beta vulgaris); Ortica, (lig. ortiga – Urtica dioica; Papavero, (lig. papavao – Papaver rhoeas).

Io ricordo, aimè troppi anni fa, di anziane contadine che aggiungevano foglie di Pratolina (Bellis Perennis) eVioletta( viola odorata) per rendere il miscuglio “ più profumato”

Così ce ne parla il poeta chiavarese Carlo Costa (1912-2000), nella sua poesia PORTO D’ERBE:

Vaddo p’erbe, talegue, radiccion, 
crescion, bonòmmi, sciscèrboe, boraxi; 
scerbo gramigna, leuggio, scioùa d’òrto;
çenn-o con ‘n euvo e ‘n pò de preboggion: 
scòrdo do mondo coæ, bæghe, ravaxi 
into refugio e a paxe do mæ pòrto.

(Vado in cerca d’erbe, radicella, radicchio, crescione, cicerbite, borragine; estirpo gramigna, loglio, fioritura d’orto; ceno con un uovo e un po’ di verdura bollita: dimentico le voglie, le beghe, i trambusti del mondo nel rifugio e nella pace del mio porto.)

Il tarassaco e la borrragine fanno parte del sistema di essenze floreali californiane, con i nomi di Dandelion e Borage.

Dandelion termine inglese che ci riporta al nome popolare “dente di leone”, è quella comunissima pianta che ha foglie appunto dentellate e il cui fiore, di un bel giallo solare, si trasforma nei cossiddetti soffioni, i morbidi batuffoli di semi che i bambini amano disperdere nell’aria con un soffio. Agisce sulle contratture muscolari, ed è utile alle persone molto tese, indaffarate, che tendono a disperdere la propria energia.  Assumendola saremo guidati a dare maggiore ascolto ai messaggi che ci arrivano sia dal nostro corpo che dalle nostre emozioni.

Borage è una essenza floreale che utilizzo molto sia per me che per le persone di cui mi prendo cura. E’ partcolarmente utile per tutte quelle emozioni legate alla tristezza e allo scoraggiamento che talvolta possono essere percepite fisicamente nella zona del cuore. Ho notato che spesso chi mi sta parlando di un lutto o un grosso dipiacere tende a portarsi la mano in quel punto che la tradizione indiana indica come chakra del cuore. Borage dona il coraggio di andare avanti anche nei momenti di maggiore afflizione.

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“Il ritorno della Dea”

“Il ritorno della Dea”

Partecipo a un seminario di floriterapia: è la fine di ottobre del 2008. Richard Katz e Patricia Kaminski, ricercatori e scopritori del sistema di Essenze Floreali Californiane (FES), sono in Italia e un centinaio di persone si raccoglie intorno a loro, in un piccolo Hotel delle Dolomiti, spinti dall’amore per i fiori, la Natura e l’armonia del Creato.

Mi guardo intorno e contemplo i visi: espressioni assorte, entusiaste, persino eccitate. Mi faccio una domanda: quanti uomini ci sono in sala? Li conto, arrivano a stento al dieci per cento dei presenti, mi viene da dire ” complimenti alle mamme di quelli che sono qui con noi”.

Eppure Edward Bach, Paracelso, Ermete Trismegisto, lo stesso Richerd Katz, sono maschi, ma qui, chi magnetizza l’attenzione è Patricia che ci parla di fiori, colori, forze della natura, fasi lunari, anima e compassione per tutti gli esseri viventi.

Mentre l’ascolto non posso fare a meno di pensarlo: ” ecco una delle tante incarnazioni della Dea “, poi circolo fra la folla, mi siedo al ristorante, chiacchiero, osservo e ascolto. Sento che la presenza della Dea è ancora forte: sta nella vitalità di tante delle donne presenti e contagia i maschi che sono lì con noi.

L’energia femminile della Dea primigenia non ha più bisogno di nascondersi, qualche cosa è cambiata in molte coscienze, e sempre meno viene criminalizzata o ridicolizzata. Ovunque sul web assistiamo alla fioritura di siti, più o meno seri, più o meno affascinanti che parlano delle antiche dee, non solo del mondo classico, ma anche di quello celtico, egizio, precolombiano. Chiamiamola Artemide, Demetra, Circe, Morgana o Iside, come più ci piace, ma non la trascuriamo, renderle onore significa riconoscere in noi il suo potere di TRASFORMAZIONE.

A questo proposito cito Erich Neumann, che ha saputo onorare il suo femminile con opere di fondamentale importanza:

“…In questo mondo matriarcale il mondo spirituale della luna, corrispondente al simbolismo fondamentale dell’Archetipo del Femminile, viene concepito come nascita, anzi, come rinascita. Ovunque incontriamo il simbolo della rinascita ci troviamo dinnanzi a un mistero di trasformazione matriarcale. Il simbolismo della trasformazione diviene sacrale ovunque alla natura di pura trasformazione del processo faccia seguito l’intervento umano…La forma più elevata di questa trasformazione naturale sublimata è il processo di integrazione della personalità umana…. Processi simili sono i misteri primordiali del femminile. ..come la preparazione di cibi e bevande, la creazione di vestiti, vasi, case, ecc….” (Eric Neumann, La Grande Madre, Casa editrice Astrolabio, pag.66)

Quindi l’evento della trasformazione, che sia legata alla cottura del cibo o alla cura della persona, era originariamente accomunato al principio femminile, consacrato da uomini e donne attraverso il culto della Grande Madre.

Così mentre sono assorta in tali considerazioni ho un pensiero: per questa ragione mentre sto scrivendo contemporaneamente tengo d’occhi i fornelli dove sulla fiamma sta “trasformandosi” lo stoccafisso alla ligure e io, in quanto donna, riesco a non bruciarlo?

Che la Dea vi accompagni.

* (L’immagine di chicory è della dott. Gabi Krause)

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