Essenze Floreali del Bush Australiano Archives - Il Canto di Estia di Marisa Raggio

I FIORI E LE DEE ® Un’intervista a Marisa Raggio

I FIORI E LE DEE ® Un’intervista a Marisa Raggio

D) In che cosa consiste la tua ricerca?

MARISA) Io sono fondamentalmente una floriterapeuta, utilizzo cioè le Essenze Floreali per offrire aiuto e sostegno alle persone che si rivolgono a me.

In prevalenza la mia clientela è composta da donne e ho sempre pensato che condividere le loro storie, i loro dolori, difficoltà ed emozioni sia un grande privilegio.

A differenza dei miei clienti maschi, che non essendo abituati a condividere i contenuti emotivi più intimi spesso faticano ad “esporsi”, le donne amano “raccontarsi”. La loro narrazione spesso è ricca di elementi interessanti ma tende a mutare, spostando il focus ad ogni incontro. Stabilire una gerarchia di Essenze Floreali da proporre, così come aiutarle a fissare degli obiettivi da perseguire, può rivelarsi complicato. La teoria degli Archetipi mi è servita, e mi serve tuttora, da parametro per ordinare questa grande massa di informazioni.

Guardando dentro di me ed osservando le mie clienti, ho realizzato che spesso la nostra realtà, sia interiore che esteriore, viene occultata dal racconto di quello che vorremmo essere ed apparire. Ci sono aspetti e qualità del nostro femminile che giudichiamo prestigiose e quindi ci illudiamo che siano nostre, altre invece, pur governando i nostri comportamenti e le nostre emozioni, non sono ritenute accettabili e perciò vengono nascoste.

La domanda di fondo di tutta la mia ricerca è: CHI SONO VERAMENTE?

 

D) Quando hai iniziato la tua ricerca?

Marisa) Già all’università, mentre lavoravo alla mia tesi in antropologia culturale su una popolazione del sud del Cile dove e è tutt’ora diffusa una forma di sciamanesimo femminile. Come in altre società non industrializzate, dunque legate al mondo agricolo, la struttura cosmogonica e la loro concezione del Sacro pone al centro elementi simbolici fortemente collegati al principio femminile.

Molte letture mi hanno permesso di riconoscere quanto la stretta connessione fra la donna, il suo corpo ed i cicli della natura sia stata in passato, come possiamo osservare ancora oggi in alcune popolazioni arcaiche, considerata Sacra.

Questo non smetteva di sorprendermi considerando la svalutazione sociale e religiosa a cui la donna è relegata nelle principali religioni monoteiste e che tuttora persiste nonostante l’emancipazione femminile abbia, specialmente negli ultimi 100 anni, dato vita ad una evidente “rivoluzione”.

Ciò sta avvenendo soprattutto a livello sociale, anche se tanta strada resta ancora da percorrere, ma per quanto riguarda l’aspetto religioso le cose non vanno di pari passo. I roghi della caccia alle streghe in fondo sono ancora tiepidi…

 

D) C’è un episodio cardine che ti ha portato a capire che la tua strada sarebbe stata quella della tua ricerca?

Marisa) Naturalmente non un singolo episodio. Nella mia vita ci sono stati tanti mutamenti: mi sono ritrovata a sentire più volte il bisogno di cambiare lavoro, luogo di residenza, partner.

Ognuna di queste “crisi” mi ha costretta a rivedere l’immagine di me stessa, aggiungendo tessere al puzzle che costituisce la mia personalità.

Con il trascorrere degli anni, ogni “crisi” mi portava a penetrare sempre più in profondità il mio mondo emozionale e quello delle mie clienti.

Mi è così diventato chiaro che le scelte sbagliate nella vita si fanno seguendo non ciò che si è ma quello che si vorrebbe essere.

Mentire a noi stessi è una pratica universalmente diffusa. Riconoscere gli aspetti della auto-narrazione che sono autenticamente nostri, liberandoci da quelli acquisiti o costruiti negli anni come illusoria protezione, è un lavoro che richieda coraggio e cuore pulito, ma può condurci a grandi sorprese, alcune spiacevoli altre gratificanti, tutte comunque estremamente illuminanti.

A livello personale, si è trattato di un lavoro impegnativo, a tratti doloroso, che però mi ha regalato una sensazione di espansione, freschezza e gioia come mai nella mia vita. Tale esperienza ritengo possa essere preziosa per ogni donna.

 

D) Che formazione hai seguito?

Marisa) Sono laureata in Lettere Moderne all’Università di Genova con indirizzo in Etnologia. La mia tesi di laurea, relatrice la grande etnologa Ernesta Cerulli, riguardava i Mapuche, una popolazione indigena del Cile, in cui è diffusa la figura della “Machi”, una donna che svolge nella comunità funzioni di guaritrice ed è spesso riconosciuta come “sciamana”, colei che collegando il mondo degli spiriti con quello degli uomini, si rende artefice di una guarigione che non è solo fisica, ma soprattutto spirituale.

In seguito, scoprendo il pensiero di Edward Bach e la Floriterapia ho frequentato i corsi di Margaretha Mijnlieff, una delle pioniere di questa disciplina nel nostro paese. La mia attività di Floriterapeuta è iniziata concretamente a Milano nel 1995.

Anni dopo ho frequentato una formazione di counseling che si è rivelata utile sia nella pratica floriterapica che in quella didattica. Infatti, dalla sua fondazione, nel 2002, sono docente della Scuola dell’Unione di Floriterapia di Milano.

 

D) Quali autori e ricercatori hanno influenzato la tua ricerca?

Marisa) E’ difficile ricostruire la genesi delle mie ricerche perché essendo stata una lettrice compulsiva da sempre, ho letto tantissimo materiale. Posso ricordare però che il primo approccio al pensiero Junghiano è stato con un libro di James Hillman letto nel 1998: “Il Puer Aeternus” (edizioni Adelphi), testo fondamentale sulla Teoria degli Archetipi.

Successivamente ho provato ad accostarmi all’enorme lavoro di C.G.Jung, in particolare alla sua identificazione del concetto di Anima e Animus; fondamentale per me è stata la lettura del suo libro “L’uomo e i suoi Simboli”.

Seguendo questa strada, ho scoperto un filone d’oro rappresentato dalle grandi allieve di Jung. – Maria Louise Von Franz ed M. E. Harding – che mi hanno accompagnato verso una progressiva comprensione di quello che resta un concetto complicatissimo: l’Archetipo junghiano.

Assolutamente illuminante furono le poche parole che Jung scrive nel1932, per l’introduzione al libro della Harding, La Strada della Donna(ed Astrolabio):

I concetti biologici e sociali possono esprimere soltanto una metà dell’anima femminile. Invece in questo libro diviene chiaro che la donna possiede anche una peculiare spiritualità del tutto sconosciuta all’uomo”

Queste tre righe da sole possono rappresentare la mia intera ricerca sul Femminile.

Anche Erich Neumann ha ispirato moltissimo la mia ricerca con il suo testo fondamentale “La Grande Madre” (ed. Astrolabio). Un libro estremamente innovativo che si impegna ad evidenziare la struttura e lo sviluppo dell’archetipo del femminile nelle sue manifestazioni concrete nel mondo.

Solo alcuni anni fa invece ho potuto conoscere la figura, le opere e le scoperte dell’archeologa Marija Gimbutas, fondatrice dell’Archeomitologia (Marija Gimbutas, Il Linguaggio della Dea, Ed Venexiana). Il suo lavoro è stato enorme sia in termini di quantità che di importanza, dunque difficile da riassumere qui in poche parole. Basti pensare alla sua ipotesi, solo negli ultimi tempi riconosciuta a malincuore dal mondo accademico, secondo la quale nell’Europa antica, dal tardo paleolitico al neolitico, fino all’età del bronzo, esistevano società agricole, sostanzialmente egualitarie e pacifiche che ponevano al centro della loro concezione del sacro una divinità femminile: la Dea.

Tali società furono, nell’arco di alcuni millenni, totalmente cancellate dalle invasioni di popoli indo-europei che imposero una struttura sociale e religiosa androcentrica. La grande quantità di reperti trovata da questa archeologia e l’attenta catalogazione di essi, rappresenta una importante conferma della presenza del Sacro Femminile nell’Europa antica. Tale scoperta ribalta il punto di vista da cui possiamo osservare la storia dell’umanità, focalizzandoci sull’insieme di valori sacri, intellettuali e corporei femminili che per millenni sono stati disprezzati ed esclusi dalla concezione del Divino, nonché da ogni forma di culto. La perdita del Sacro Femminile, ha impedito all’uomo di sperimentare adeguatamente una parte importante della sua dimensione emotiva e psichica, nel timore di essere poco virile, quindi inferiore. Siamo di fronte ad una revisione della storia dell’umanità che restituisce a tutti noi, donne e uomini, ciò che era andato perduto.

Un vero piacere è stata anche la lettura del fortunato libro di Jane Shinoda Bolen – Le Dee dentro la Donna (edizione Astrolabio) che semplifica e rende accessibile a tutte noi i modelli archetipici potentemente rappresentati dalle divinità della mitologia ellenistica

Ben più significativo per me è stato un altro libro della Bolen, non facilmente reperibile in questo momento – Passaggio ad Avalon (edizioni Piemme) – dove l’autrice narra la propria personale esperienza verso il riconoscimento della Dea.

Tra i sistemi floreali più diffusi attualmente, partendo da quelli del maestro Edward Bach, ho approfondito ed utilizzato con le mie clienti, le essenze floreali scoperte da Patricia Kaminski in collaborazione con il marito Richard Katz. Se il fiore rappresentativo del femminile scoperto dal dottor Bach è perfettamente espresso nell’essenza floreale Chicory, Patricia Kaminski, con la sua ricerca, ha trovato una serie di Fiori che vanno ad agire proprio sui diverse aspetti fisici ed emotivi delle donne, nonché degli aspetti femminili presenti in ogni uomo. Alcune di queste essenze, non a caso, sono delle bulbose. L’associazione analogica fra queste piante e l’utero femminile è evidente, così come quella fra un’essenza fondamentale Pomgranate (melograno) che nell’iconografia cristiana è spesso accostata alla Vergine Maria. Anche l’arte antica, dal mondo etrusco, a quello greco romano, fino al Rinascimento abbina questo frutto alla figura femminile. Abbiamo un monumento funebre etrusco in cui è rappresentata una nobildonna che tiene nella mano una melagrana. Un mito fondamentale come quello del ratto di Persefone cita i suoi semi, mentre visitando Ferrara, in un solo pomeriggio mi sono imbattuta in un affresco di Francesco Cossa che ritrae il trionfo di Venere in un carro decorato da melograne e più tardi nella commovente Madonna della melagrana di Jacopo della Quercia.

 

D ) Che differenza c’è fra la tua ricerca sugli Archetipi Femminili e le Dee rispetto alle proposte del panorama italiano?

Marisa) Da quanto ho raccontato fino a qui, mi sembra chiaro che il mio impegno non nasce da una infatuazione passeggera, legata ad un tema affascinante e molto di moda.

Ritengo che la mia ricerca possa rappresentare una novità in quanto è la prima volta in cui gli Archetipi vengono utilizzati nella pratica del colloquio di Floriterapia.

Personalmente propongo uno strumento che utilizzo da anni concretamente nella mia attività di Floriterapeuta.

Assumendo le Essenze Floreali, permettiamo loro di iniziare un dialogo con parti di noi sofferenti, maltrattate, ignorate, trasformandole dolcemente da zavorra a risorse utili nelle sfide della vita di tutti i giorni.

La lettura della narrazione della cliente in chiave di Archetipi  contribuisce a chiarire aspetti spesso taciuti perché imbarazzanti o troppo dolorosi, di conseguenza a migliorare l’autoconsapevolezza, facilitando il compito della Floriterapeuta.

Oggi esiste anche un marchio che riassume la mia ricerca : I FIORI E LE DEE® che vuole rappresentare questo tipo di lavoro.

Ci tengo a precisare anche che al di fuori del mondo della Floriterapia, oggi in Italia, ci sono alcune serie e brillanti ricercatrici che, ognuna con la propria originalità e sempre con grande impegno e passione, diffondono il Nome della Dea.

 

D) In cosa consiste il progetto “Il Labirinto delle 7 Dee”?

Marisa) “Il Labirinto delle 7 Dee” è un progetto che aiuta a diffondere la ricerca I Fiori e le Dee ®.

Il labirinto è un simbolo antichissimo che rappresenta la ricerca del proprio Sè superiore. In questo caso lo utilizzo per esprimere un cammino alla ricerca di pezzi di noi  che abbiamo trascurato e nascosto a vantaggio di altri divenuti  ipertrofici. Ma ogni donna, per stare bene, ha bisogno di tutte le parti che la compongono, impegnandosi sempre a farle funzionare in armonia. Io la chiamo “La Danza degli Archetipi” grazie alla quale possiamo permettere che queste parti dentro di noi convivano con grazia, agendo in alternanza, senza che mai una domini le altre.

Fra tutte le rappresentazioni archetipiche dell’Inconscio collettivo  ho scelto di utilizzare quelle del mondo classico che agiscono potentemente in quanto profondamente radicate nella nostra cultura. Sono le Dee che abbiamo superficialmente incontrato sui banchi di scuola, al cinema, nei libri, dunque sono figure un po’ famigliari.

Quando durante il workshop il mito viene narrato, approfondendo con cura la portata simbolica di ciascuna Dea presentata,  la donna, a prescindere dalla sua formazione scolastica, riconosce immediatamente elementi che la riguardano. La Dea non le è estranea, le ricorda la madre, la sorella, la figlia o la rivale. Più difficile riconoscere che in realtà rappresenta proprio un aspetto che le appartiene. Perché ciò avvenga è utile il confronto con altre donne, sotto la supervisione di chi ha il compito di condurre il gruppo, facilitando la comunicazione.

Ci tengo infine a sottolineare come in questa mia proposta di lavoro resti fondamentale la sapienza dei Fiori: guida e sostegno per quei momenti di paura, confusione, scoraggiamento, smarrimento che costellano il nostro cammino, in questa vita.

Alla fine sempre: grazie Dottor Bach!

“Il dono di Red Grevillea”

“Il dono di Red Grevillea”

Giovanni, passata da poco la quarantina, stava attraversando un periodo cupo. Il lavoro ormai era diventato per lui un macigno insostenibile, d’altra parte all’orizzonte non si profilava nessuna possibilità di cambiamento: “alla mia età chi vuoi che mi prenda”, una frase che negli ultimi tempi mi sento ripetere troppo spesso dai miei clienti.

I guadagni scarseggiavano e la a sua autostima era ridotta al minimo storico. Per il floriterapeuta era una situazione che cominciava ad apparire sconfortante. Giovanni si presentava diligentemente agli appuntamenti per descrivere ogni volta una situazione di desolante ristagno. L’unico elemento chiaro che emergeva era il rapporto con il padre che lui stimava molto, ma dal quale si sentiva disprezzato. “Quando ti deciderai a crescere, io alla tua età avevo già tre figli, con queste parole il genitore chiudeva i loro frequenti alterchi.

Giovanni viveva una storia trascinata senza impegno, con una ragazza di cui tuttavia non poteva negare i pregi. Anche in questo caso però sembrava che lui nella relazione non fosse presente, “mi sento altrove” aveva detto a proposito del suo rapporto. Decisi di preparargli una boccetta con Red Grevillea, una delle essenze del Bush australiano scoperte da Ian White, una pianta che produce sgargianti fiori rossi simili a fuochi di artificio.

Ero particolarmente fiera di aver pensato a questa essenza, e mi aspettavo che desse un bello scossone alla stagnazione in cui si trovava impantanato il mio cliente. Quando dopo tre settimane lo rividi, gli chiesi speranzosa se “ci fosse stato qualche cambiamento”. Le mie aspettative furono immediatamente deluse, Giovanni riprese a snocciolarmi le solite cose che non andavano, che capiva benissimo dipendessero da lui, ma che proprio non sapeva come fare a modificare. Insomma, disse “La solita solfa, in più… lei forse è anche incinta…”.

Lo bloccai su questa frase e gli feci alcune domande sull’incidente. Rispose che anche in quel caso era dipeso da lui, era ovviamente bastato un suo attimo di esitazione ..”strano-aggiunse- ora che ci penso ho avuto una frazione di secondo per pensarci, rendermi conto, ma poi..poi ho deciso di fare diversamente”.

Su quest’ultima riflessione Giovanni cambiò espressione esplodendo in una grande risata liberatoria. Io non ebbi bisogno di aggiungere altro, fu lui, visibilmente sollevato, a concludere: ”Bé devo ammettere che si, qualche cosa sta veramente cambiando”.

In seguito ho avuto occasione di osservare come la paternità avesse davvero mutato diverse cose nella vita di Giovanni, sia nel rapporto col padre ,felice di essere nonno, che sotto l’aspetto lavorativo dove si è trovato a compiere quelle scelte molto impegnative, ma anche necessarie, che lui procrastinava da anni.

(Questa storia  è  sostanzialmente frutto della mia fantasia,  ispirata ad alcuni notevoli cambiamenti osservati in clienti che in situazioni simile a quella qui descritta hanno  assunto per circa tre settimane Red Grevillea,  essenza floreale del bush australiano)

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“Spinifex: un aiuto dal bush australiano”

Spinifex non è un fiore, ma una varietà di TRIODIA, erba endemica del continente australiano.

Ha un curioso aspetto a palla: una sorta di grosso riccio verde spinoso il cui nucleo è costituito dalla parte secca. Purtroppo non ho ancora avuto occasione di toccarla (mai dire mai), ma ha l’aria di essere piuttosto pungente ed ha sicuramente un aspetto non particolarmente accattivante.

Ian White, la consiglia anche per uso esterno, io spesso la utilizzo pura, applicandola localmente su ferite e taglietti che fanno fatica a guarire: la sua efficacia è molto evidente, persino sui graffi del mio pestifero gatto rosso.

Spinifex cura le lesioni della pelle che provocano dolore o fastidio pungente, quindi è efficace per l’Herpes, sia applicato localmente che assunto per via orale secondo la diluizione consigliata da White (7 gocce nel flacone da 30 ml contenente acqua e brandy, assumere 7 gocce mattina e sera).

E’ indicato anche nei casi di infezioni, funghi e parassiti sia interni: intestino, gola, organi genitali, che cutanei.

Secondo White, questa essenza, assunta oralmente, guida alla consapevolezza dei fattori emotivi che sono all’origine di questi disturbi.

Mi è capitato di consigliarlo con buoni risultati in casi in cui persone afflitte da disturbi cutanei più sgradevoli  che realmente gravi e dolorosi, si dichiaravano molto a disagio “ nella propria pelle “, percependosi fisicamente impure e brutte.

Da pochi giorni sto somministrando Spinifex per via orale alla mia cagnolina anziana. Nuvola ha un antiestetico scolo lacrimale, pare dovuto ad una rinite cronicizzata, spero con questa essenza di evitare o almeno rimandare la terapia antibiotica che mi ha consigliato il veterinario. Vi saprò dire!

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“L’energia del maschile che si sprigiona da un’orchidea”

“L’energia del maschile che si sprigiona da un’orchidea”

Si sa, la maggior parte della nostra clientela è costituita da donne. Sarà perché noi, fragili creature, appartenenti al sesso… debole, finiamo facilmente in pezzi, e siamo spesso afflitte da dubbi, interrogativi ed un cronico un senso di inadeguatezza.?

Al contrario i maschi sembrano avere meno difficoltà e quando attraversano un periodo difficile invece di ammettere la loro sofferenza: “ cercano di farcela da soli”.

Che disastro! Quando finalmente decidono di chiedere aiuto ormai sono a pezzi e il lavoro di ricostruzione che ci aspetta è enorme. Eppure, lo devo ammettere, contribuire alla loro fioritura può essere una esperienza enormemente gratificante.

Ovviamente queste generalizzazioni vanno prese per quello che sono: l’eterno gioco del maschile e femminile che fingono di essere in  contrapposizione, mentre attraverso i secoli, i Saggi ci hanno insegnato che le polarizzazioni hanno un unico scopo, venire superate al fine di  tendere verso la sintesi degli Opposti.

A questo proposito penso ad una Essenza Floreale del Bush australiano che è esplicitamente connessa al principio maschile: Red helmet Orchid. La pianta ha un aspetto curioso: una piccola orchidea terricola ( non epifeta come quelle amazzoniche)  che deve il suo nome alla forma del fiore che ricorda un elmetto rosso scuro, e rimanda anche al glande maschile.

Ian White racconta che stava cercando un fiore che fosse connesso al processo del “bonding”.

Il bonding è il processo di formazione del legame tra i genitori e il loro bambino. E’ la fase cui emergono nei genitori quegli istinti nascosti, da cui proviene una grande sensibilità comunicativa che permette di rispondere tempestivamente e correttamente alle diverse necessità del bambino. Processo che per la madre e il padre si verifica in modi e momenti diversi. Si dice che per il maschio, il “suo parto” avviene quando può avere il figlio in braccio e guardarlo negli occhi.

Rispetto alla maternità, la paternità è una esperienza meno istintiva ed immediata, si tratta piuttosto di una relazione con il bambino che si costruisce passo dopo passo.

Se l’adulto ha sperimentato delle ferite o delle mancanze nel rapporto con il padre, possono esserci dei problemi a “sentire” il legame con il figlio.

In questo senso, grazie all’utilizzo costante, per un periodo non inferiore al mese, di Red Helmet Orchid, ho assistito a dei veri e propri “risvegli” in uomini che dichiaravano di “non essere tagliati per fare il padre”.

(L’immagine di red helmet orchid è tratta dall’archivio fotografico di Green Remedies srl.)

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