Patricia Kaminski Archives - Il Canto di Estia di Marisa Raggio

CRONACA FLOREALE DEI GIORNI PIÙ STRANI: COVID 2020. PARTE 5

CRONACA FLOREALE DEI GIORNI PIÙ STRANI: COVID 2020. PARTE 5

18 APRILE 2020

Dopo 41 giorni di lock down siamo cambiati un po’ tutti. Le emozioni vengono a galla in modo evidente  e certe volte ci sentiamo imbarazzati dalla loro veemenza. Questo intenerimento ci sorprende, ma che fatica mantenere il distacco quando gli unici rumori  metropolitani che entrano nelle nostre case sono le sirene delle ambulanze!

BORAGE
E’ arrivato il tempo di accettare la COMMOZIONE, di smettere di avere paura dei sussulti del nostro cuore.
Se lui ancora riesce a commuoversi, “muoversi con “, nonostante la tristezza, significa che è vitale e sta lottando per uscire dalla cappa della rassegnazione.
Stiamo imparando a non temere le nostre emozioni, perché alla fine, ci vuole CORAGGIO, anche per ritrovare la GIOIA.
Mi sono appena resa conto che nei miei post in questi giorni, sto usando sempre di più il termine “commuovere”, strano, non sono mai stata una tanto facile alla lacrimuccia, però, si sa, invecchiando…
Non credo tuttavia che sia solo un problema anagrafico, quante e quanti fra voi si sono accorti in questi giorni di “avere le lacrime in tasca”?
Troppe cose sono arrivate a shakerare i nostri stati d’animo: l’isolamento, la lontananza dai nostri cari o dalle persone amiche, la perdita di rituali che confortavano e ci aiutavano a stare bene.
Soprattutto, penso che quello che ci rende così vulnerabili emotivamente siano le notizie continue che riceviamo. Ci vorrebbe un cuore di pietra per non partecipare a tanto dolore, a tante difficoltà e a tanti gesti di enorme generosità, mentre a noi viene solo chiesti di restare “dentro”.
Così alcune volte ci sentiamo inutili, mentre altre siamo costretti entrare in contatto con il malloppo ingombrante di emozioni da cui fino ad ora ci eravamo accuratamente difesi.
Il sistema di Fiori Californiani della F.E.S. ha scoperto un rimedio che reputo molto pertinente per lo stato emozionale che stiamo attraversando: Borage.
La Borragine, molto comune nelle campagne e negli orti dell’area mediterranea, viene utilizzata a scopo alimentare in diversi modi: se non avete mai assaggiato i ravioli liguri ripieni di borragine, allora vi siete persi una squisitezza!
In fitoterapia questa pianta è considerata ricca di molte proprietà ed è usata in ogni sua parte: fiori, foglie, semi.
I molteplici utilizzi di Borago Officinalis, ci rimandano alle qualità dell’essenza floreale scoperta da Patricia Kaminski e Richard Katz.
Nella mia pratica di floriterapeuta penso a Borage ogni volta che sento la frase “ho il cuore pesante” e, a livello personale, ho proprio notato che l’essenza ci “rincuora” nei momenti più cupi.

Così Patricia Kaminski descrive Borage
“TROVO LA FORZA PER AFFRONTARE LE PROVE DELLA VITA.
RIEMPIO IL MIO CUORE DI LUCE GIOIOSA E INCORAGGIANTE.
E QUESTO CORAGGIO RAFFORZATO DALLA LUCE RENDE LIETO E ALLEGRO IL MIO CUORE.”

La Rosa e il Giglio: Rosa Parks e Mariposa Lily

La Rosa e il Giglio: Rosa Parks e Mariposa Lily

Solo 64 anni fa, il primo dicembre del1955  in Alabama, Rosa Parks, una donna afroamericana, trovò il coraggio di dire un “no” che ebbe valore non solo per lei sua dignità, ma per quella di tutte le persone oppresse, discriminate, umiliate.

Da floriterapeuta, tendo a percepire le essenze floreali come simboli di atteggiamenti mentali, istinti ed emozioni.
Oggi pensando a questa donna, che per me ha sempre rappresentato un grande modello, non posso evitare di collegare il suo gesto eroico ad una essenza floreale che amo particolarmente:
Splendida Mariposa Lily (calochortus-splendens).
Si tratta di una bellissima liliacea, dunque una pianta dotata di un bulbo che contiene in sé tutto ciò che serve a farla crescere e fiorire, esattamente come avviene nell’uovo e nell’utero.
Mi è spesso capitato di sottolineare la geniale intuizione di Patricia Kaminski, che ha collegato alcuni gigli ad aspetti chiave del principio femminile.
Per le tematiche legate alla maternità biologica ed al rapporto madre-figli, Patricia propone il candido giglio farfalla: Mariposa Lily.
Splendid Mariposa Lily tuttavia, pur simile nella sua variante rosa magenta, per me è speciale, ha qualcosa in più, in quanto va oltre alle difficoltà emozionali collegate all’ inconscio personale.
Questa particolare liliacea rappresenta un simbolo connesso a quello che C.G. Jung ha definito Inconscio Collettivo: quindi un concetto materno ben più ampio, che trascende il principio biologico della maternità.

 

Che cosa ci insegna l’essenza floreale ricavata da Splendid Mariposa Lily:
“ability to activate transcendent forces of mothering and mercy for all of the human family” (FES, Flower Essence Society)
Ovvero, risveglia in noi le energie materne superiori e la misericordia per tutta la famiglia umana e, aggiungerei,  per ogni forma di vita. Siamo allora davanti ad un materno globale che non esclude nulla e nessuno, ma anzi include.

Ma torniamo a Rosa Parks, la quarantenne mai  “benedetta dall’arrivo di un figlio”, così allora si diceva e oggi, ahimè, si tende ancora a pensare. La sua ribellione, alla luce degli eventi che seguirono, ha significato un notevole passo avanti nella lotta per i diritti degli afroamericani, dei diritti umani in generale e, come non è stato ancora sufficientemente sottolineato, per i diritti delle donne.
Quel gesto forte: il rifiuto di cedere il posto in autobus ad un “bianco”, probabilmente scaturiva dalla insostenibilità della discriminazione razziale a cui era ogni giorno sottoposta, ma alla fine ha trasceso il contesto storico e sociale in cui è stato compiuto, diventando un gesto di amore e riscatto universale.
E dunque Rosa, con il suo bel nome fiorito, oggi rappresenta una figura che da sempre considero con affetto e ammirazione come una della nostre grandi madri. Sì, una Splendid Mariposa, una Grande Madre, proprio lei che biologicamente, madre non è mai stata.
Marisa Raggio
I Fiori e le Dee

Il Labirinto delle 7 Dee – un workshop di Marisa Raggio

Il Labirinto delle 7 Dee – un workshop di Marisa Raggio

DOMENICA 26 NOVEMBRE
Dalle ore 9,30 alle ore 18

Dove:
Lighthouse CromoRanji R:Ravizza
Via Eupili 10, 20145 Milano

❤️ IL PROGRAMMA IN SINTESI
La giornata inizierà con un excursus di tipo logico-cognitivo per inquadrare l’Archetipo Femminile attraverso i secoli, partendo dalle divinità femminili più note del Pantheon greco-romano e prendendo in considerazione alcuni dei miti più significativi ad esse collegati.
Attraverso la narrazione e le immagini, sarà così possibile addentrarsi profondamente in questa materia affascinante, individuando gli elementi simbolici che dall’antichità continuano ad avere un forte significato evocativo ed attuale in tutte noi.
Al termine di questa panoramica le partecipanti saranno in grado sperimentare nel proprio personale mondo emotivo le valenze simboliche che maggiormente risuonano. 
Questo significa “AGIRE LA DEA” ovvero comprendere quale principio archetipico domina in noi e quale invece è più sacrificato.
Il pomeriggio sarà dedicato alla condivisione delle esperienze personali di ciascuna partecipante, in un clima di fiducia e gioia, facilitata dalla energia e solidarietà del gruppo, dall’utilizzo di Essenze Floreali californiane legate alle piante con il bulbo e dall’ esperienza ultra-ventennale di insegnamento di conduzione di gruppi di Marisa Raggio.
Sarà inoltre previsto un momento di veloce riepilogo di tutti gli archetipi attraverso l’uso degli olii essenziali, secondo una ricerca di Susanna Lupoli, naturopata, floriterapeuta ed allieva di Marisa Raggio.
Prima di salutarci, a ciascuna partecipante verrà consegnata una boccetta contenente uno dei fiori californiani più in sintonia con la Dea tiranna o sacrificata, a seconda delle esigenze emerse nell’arco della giornata, affinché il lavoro iniziato insieme possa continuare individualmente nei giorni seguenti il workshop.

 

 

I FIORI E LE DEE ® Un’intervista a Marisa Raggio

I FIORI E LE DEE ® Un’intervista a Marisa Raggio

D) In che cosa consiste la tua ricerca?

MARISA) Io sono fondamentalmente una floriterapeuta, utilizzo cioè le Essenze Floreali per offrire aiuto e sostegno alle persone che si rivolgono a me.

In prevalenza la mia clientela è composta da donne e ho sempre pensato che condividere le loro storie, i loro dolori, difficoltà ed emozioni sia un grande privilegio.

A differenza dei miei clienti maschi, che non essendo abituati a condividere i contenuti emotivi più intimi spesso faticano ad “esporsi”, le donne amano “raccontarsi”. La loro narrazione spesso è ricca di elementi interessanti ma tende a mutare, spostando il focus ad ogni incontro. Stabilire una gerarchia di Essenze Floreali da proporre, così come aiutarle a fissare degli obiettivi da perseguire, può rivelarsi complicato. La teoria degli Archetipi mi è servita, e mi serve tuttora, da parametro per ordinare questa grande massa di informazioni.

Guardando dentro di me ed osservando le mie clienti, ho realizzato che spesso la nostra realtà, sia interiore che esteriore, viene occultata dal racconto di quello che vorremmo essere ed apparire. Ci sono aspetti e qualità del nostro femminile che giudichiamo prestigiose e quindi ci illudiamo che siano nostre, altre invece, pur governando i nostri comportamenti e le nostre emozioni, non sono ritenute accettabili e perciò vengono nascoste.

La domanda di fondo di tutta la mia ricerca è: CHI SONO VERAMENTE?

 

D) Quando hai iniziato la tua ricerca?

Marisa) Già all’università, mentre lavoravo alla mia tesi in antropologia culturale su una popolazione del sud del Cile dove e è tutt’ora diffusa una forma di sciamanesimo femminile. Come in altre società non industrializzate, dunque legate al mondo agricolo, la struttura cosmogonica e la loro concezione del Sacro pone al centro elementi simbolici fortemente collegati al principio femminile.

Molte letture mi hanno permesso di riconoscere quanto la stretta connessione fra la donna, il suo corpo ed i cicli della natura sia stata in passato, come possiamo osservare ancora oggi in alcune popolazioni arcaiche, considerata Sacra.

Questo non smetteva di sorprendermi considerando la svalutazione sociale e religiosa a cui la donna è relegata nelle principali religioni monoteiste e che tuttora persiste nonostante l’emancipazione femminile abbia, specialmente negli ultimi 100 anni, dato vita ad una evidente “rivoluzione”.

Ciò sta avvenendo soprattutto a livello sociale, anche se tanta strada resta ancora da percorrere, ma per quanto riguarda l’aspetto religioso le cose non vanno di pari passo. I roghi della caccia alle streghe in fondo sono ancora tiepidi…

 

D) C’è un episodio cardine che ti ha portato a capire che la tua strada sarebbe stata quella della tua ricerca?

Marisa) Naturalmente non un singolo episodio. Nella mia vita ci sono stati tanti mutamenti: mi sono ritrovata a sentire più volte il bisogno di cambiare lavoro, luogo di residenza, partner.

Ognuna di queste “crisi” mi ha costretta a rivedere l’immagine di me stessa, aggiungendo tessere al puzzle che costituisce la mia personalità.

Con il trascorrere degli anni, ogni “crisi” mi portava a penetrare sempre più in profondità il mio mondo emozionale e quello delle mie clienti.

Mi è così diventato chiaro che le scelte sbagliate nella vita si fanno seguendo non ciò che si è ma quello che si vorrebbe essere.

Mentire a noi stessi è una pratica universalmente diffusa. Riconoscere gli aspetti della auto-narrazione che sono autenticamente nostri, liberandoci da quelli acquisiti o costruiti negli anni come illusoria protezione, è un lavoro che richieda coraggio e cuore pulito, ma può condurci a grandi sorprese, alcune spiacevoli altre gratificanti, tutte comunque estremamente illuminanti.

A livello personale, si è trattato di un lavoro impegnativo, a tratti doloroso, che però mi ha regalato una sensazione di espansione, freschezza e gioia come mai nella mia vita. Tale esperienza ritengo possa essere preziosa per ogni donna.

 

D) Che formazione hai seguito?

Marisa) Sono laureata in Lettere Moderne all’Università di Genova con indirizzo in Etnologia. La mia tesi di laurea, relatrice la grande etnologa Ernesta Cerulli, riguardava i Mapuche, una popolazione indigena del Cile, in cui è diffusa la figura della “Machi”, una donna che svolge nella comunità funzioni di guaritrice ed è spesso riconosciuta come “sciamana”, colei che collegando il mondo degli spiriti con quello degli uomini, si rende artefice di una guarigione che non è solo fisica, ma soprattutto spirituale.

In seguito, scoprendo il pensiero di Edward Bach e la Floriterapia ho frequentato i corsi di Margaretha Mijnlieff, una delle pioniere di questa disciplina nel nostro paese. La mia attività di Floriterapeuta è iniziata concretamente a Milano nel 1995.

Anni dopo ho frequentato una formazione di counseling che si è rivelata utile sia nella pratica floriterapica che in quella didattica. Infatti, dalla sua fondazione, nel 2002, sono docente della Scuola dell’Unione di Floriterapia di Milano.

 

D) Quali autori e ricercatori hanno influenzato la tua ricerca?

Marisa) E’ difficile ricostruire la genesi delle mie ricerche perché essendo stata una lettrice compulsiva da sempre, ho letto tantissimo materiale. Posso ricordare però che il primo approccio al pensiero Junghiano è stato con un libro di James Hillman letto nel 1998: “Il Puer Aeternus” (edizioni Adelphi), testo fondamentale sulla Teoria degli Archetipi.

Successivamente ho provato ad accostarmi all’enorme lavoro di C.G.Jung, in particolare alla sua identificazione del concetto di Anima e Animus; fondamentale per me è stata la lettura del suo libro “L’uomo e i suoi Simboli”.

Seguendo questa strada, ho scoperto un filone d’oro rappresentato dalle grandi allieve di Jung. – Maria Louise Von Franz ed M. E. Harding – che mi hanno accompagnato verso una progressiva comprensione di quello che resta un concetto complicatissimo: l’Archetipo junghiano.

Assolutamente illuminante furono le poche parole che Jung scrive nel1932, per l’introduzione al libro della Harding, La Strada della Donna(ed Astrolabio):

I concetti biologici e sociali possono esprimere soltanto una metà dell’anima femminile. Invece in questo libro diviene chiaro che la donna possiede anche una peculiare spiritualità del tutto sconosciuta all’uomo”

Queste tre righe da sole possono rappresentare la mia intera ricerca sul Femminile.

Anche Erich Neumann ha ispirato moltissimo la mia ricerca con il suo testo fondamentale “La Grande Madre” (ed. Astrolabio). Un libro estremamente innovativo che si impegna ad evidenziare la struttura e lo sviluppo dell’archetipo del femminile nelle sue manifestazioni concrete nel mondo.

Solo alcuni anni fa invece ho potuto conoscere la figura, le opere e le scoperte dell’archeologa Marija Gimbutas, fondatrice dell’Archeomitologia (Marija Gimbutas, Il Linguaggio della Dea, Ed Venexiana). Il suo lavoro è stato enorme sia in termini di quantità che di importanza, dunque difficile da riassumere qui in poche parole. Basti pensare alla sua ipotesi, solo negli ultimi tempi riconosciuta a malincuore dal mondo accademico, secondo la quale nell’Europa antica, dal tardo paleolitico al neolitico, fino all’età del bronzo, esistevano società agricole, sostanzialmente egualitarie e pacifiche che ponevano al centro della loro concezione del sacro una divinità femminile: la Dea.

Tali società furono, nell’arco di alcuni millenni, totalmente cancellate dalle invasioni di popoli indo-europei che imposero una struttura sociale e religiosa androcentrica. La grande quantità di reperti trovata da questa archeologia e l’attenta catalogazione di essi, rappresenta una importante conferma della presenza del Sacro Femminile nell’Europa antica. Tale scoperta ribalta il punto di vista da cui possiamo osservare la storia dell’umanità, focalizzandoci sull’insieme di valori sacri, intellettuali e corporei femminili che per millenni sono stati disprezzati ed esclusi dalla concezione del Divino, nonché da ogni forma di culto. La perdita del Sacro Femminile, ha impedito all’uomo di sperimentare adeguatamente una parte importante della sua dimensione emotiva e psichica, nel timore di essere poco virile, quindi inferiore. Siamo di fronte ad una revisione della storia dell’umanità che restituisce a tutti noi, donne e uomini, ciò che era andato perduto.

Un vero piacere è stata anche la lettura del fortunato libro di Jane Shinoda Bolen – Le Dee dentro la Donna (edizione Astrolabio) che semplifica e rende accessibile a tutte noi i modelli archetipici potentemente rappresentati dalle divinità della mitologia ellenistica

Ben più significativo per me è stato un altro libro della Bolen, non facilmente reperibile in questo momento – Passaggio ad Avalon (edizioni Piemme) – dove l’autrice narra la propria personale esperienza verso il riconoscimento della Dea.

Tra i sistemi floreali più diffusi attualmente, partendo da quelli del maestro Edward Bach, ho approfondito ed utilizzato con le mie clienti, le essenze floreali scoperte da Patricia Kaminski in collaborazione con il marito Richard Katz. Se il fiore rappresentativo del femminile scoperto dal dottor Bach è perfettamente espresso nell’essenza floreale Chicory, Patricia Kaminski, con la sua ricerca, ha trovato una serie di Fiori che vanno ad agire proprio sui diverse aspetti fisici ed emotivi delle donne, nonché degli aspetti femminili presenti in ogni uomo. Alcune di queste essenze, non a caso, sono delle bulbose. L’associazione analogica fra queste piante e l’utero femminile è evidente, così come quella fra un’essenza fondamentale Pomgranate (melograno) che nell’iconografia cristiana è spesso accostata alla Vergine Maria. Anche l’arte antica, dal mondo etrusco, a quello greco romano, fino al Rinascimento abbina questo frutto alla figura femminile. Abbiamo un monumento funebre etrusco in cui è rappresentata una nobildonna che tiene nella mano una melagrana. Un mito fondamentale come quello del ratto di Persefone cita i suoi semi, mentre visitando Ferrara, in un solo pomeriggio mi sono imbattuta in un affresco di Francesco Cossa che ritrae il trionfo di Venere in un carro decorato da melograne e più tardi nella commovente Madonna della melagrana di Jacopo della Quercia.

 

D ) Che differenza c’è fra la tua ricerca sugli Archetipi Femminili e le Dee rispetto alle proposte del panorama italiano?

Marisa) Da quanto ho raccontato fino a qui, mi sembra chiaro che il mio impegno non nasce da una infatuazione passeggera, legata ad un tema affascinante e molto di moda.

Ritengo che la mia ricerca possa rappresentare una novità in quanto è la prima volta in cui gli Archetipi vengono utilizzati nella pratica del colloquio di Floriterapia.

Personalmente propongo uno strumento che utilizzo da anni concretamente nella mia attività di Floriterapeuta.

Assumendo le Essenze Floreali, permettiamo loro di iniziare un dialogo con parti di noi sofferenti, maltrattate, ignorate, trasformandole dolcemente da zavorra a risorse utili nelle sfide della vita di tutti i giorni.

La lettura della narrazione della cliente in chiave di Archetipi  contribuisce a chiarire aspetti spesso taciuti perché imbarazzanti o troppo dolorosi, di conseguenza a migliorare l’autoconsapevolezza, facilitando il compito della Floriterapeuta.

Oggi esiste anche un marchio che riassume la mia ricerca : I FIORI E LE DEE® che vuole rappresentare questo tipo di lavoro.

Ci tengo a precisare anche che al di fuori del mondo della Floriterapia, oggi in Italia, ci sono alcune serie e brillanti ricercatrici che, ognuna con la propria originalità e sempre con grande impegno e passione, diffondono il Nome della Dea.

 

D) In cosa consiste il progetto “Il Labirinto delle 7 Dee”?

Marisa) “Il Labirinto delle 7 Dee” è un progetto che aiuta a diffondere la ricerca I Fiori e le Dee ®.

Il labirinto è un simbolo antichissimo che rappresenta la ricerca del proprio Sè superiore. In questo caso lo utilizzo per esprimere un cammino alla ricerca di pezzi di noi  che abbiamo trascurato e nascosto a vantaggio di altri divenuti  ipertrofici. Ma ogni donna, per stare bene, ha bisogno di tutte le parti che la compongono, impegnandosi sempre a farle funzionare in armonia. Io la chiamo “La Danza degli Archetipi” grazie alla quale possiamo permettere che queste parti dentro di noi convivano con grazia, agendo in alternanza, senza che mai una domini le altre.

Fra tutte le rappresentazioni archetipiche dell’Inconscio collettivo  ho scelto di utilizzare quelle del mondo classico che agiscono potentemente in quanto profondamente radicate nella nostra cultura. Sono le Dee che abbiamo superficialmente incontrato sui banchi di scuola, al cinema, nei libri, dunque sono figure un po’ famigliari.

Quando durante il workshop il mito viene narrato, approfondendo con cura la portata simbolica di ciascuna Dea presentata,  la donna, a prescindere dalla sua formazione scolastica, riconosce immediatamente elementi che la riguardano. La Dea non le è estranea, le ricorda la madre, la sorella, la figlia o la rivale. Più difficile riconoscere che in realtà rappresenta proprio un aspetto che le appartiene. Perché ciò avvenga è utile il confronto con altre donne, sotto la supervisione di chi ha il compito di condurre il gruppo, facilitando la comunicazione.

Ci tengo infine a sottolineare come in questa mia proposta di lavoro resti fondamentale la sapienza dei Fiori: guida e sostegno per quei momenti di paura, confusione, scoraggiamento, smarrimento che costellano il nostro cammino, in questa vita.

Alla fine sempre: grazie Dottor Bach!

Il Labirinto delle 7 Dee

Il Labirinto delle 7 Dee

IL LABIRINTO DELLE 7 DEE

Un workshop di Marisa Raggio ©

Il workshop “IL LABIRINTO DELLE 7 DEE” si rivolge ad un pubblico femminile e si articola in una giornata esperienziale in cui provare ad osservarsi da una nuova prospettiva, per risvegliare energia vitale, creatività e pace, ritrovando e ricomponendo parti di noi nascoste o dimenticate.

Il lavoro proposto si pone come obiettivo il riconoscimento delle Dee che agiscono nella nostra psiche o meglio, nei nostri visceri, nel nostro cuore, nella nostra testa e non è affatto detto che in queste tre parti di noi, agisca la stessa Dea. Tutto ciò significa comprendere che esistono forze invisibili che plasmano la nostra condotta e il nostro mondo emozionale.

IL PROGRAMMA IN SINTESI

La giornata inizierà con un excursus di tipo logico-cognitivo per inquadrare l’Archetipo Femminile attraverso i secoli, partendo dalle divinità femminili più note del Pantheon greco-romano e prendendo in considerazione alcuni dei miti più significativi ad esse collegati.

Attraverso la narrazione e le immagini, sarà così possibile addentrarsi profondamente in questa materia affascinante, individuando gli elementi simbolici che dall’antichità continuano ad avere un forte significato evocativo ed attuale in tutte noi.

Al termine di questa panoramica le partecipanti saranno in grado sperimentare nel proprio personale mondo emotivo le valenze simboliche che maggiormente risuonano.

Questo significa “AGIRE LA DEA” ovvero comprendere quale principio archetipico domina in noi e quale invece è più sacrificato.

Il pomeriggio sarà dedicato alla condivisione delle esperienze personali di ciascuna partecipante, in un clima di fiducia e gioia, facilitata dalla energia e solidarietà del gruppo, dall’utilizzo di Essenze Floreali californiane legate alle piante con il bulbo e dall’ esperienza ultra-ventennale di insegnamento di conduzione di gruppi di Marisa Raggio.

Sarà inoltre previsto un momento di veloce riepilogo di tutti gli archetipi attraverso l’uso degli olii essenziali, secondo una ricerca effettuata da Susanna Lupoli, naturopata, floriterapeuta ed allieva di Marisa Raggio.

Prima di salutarci, a ciascuna partecipante verrà consegnata una boccetta contenente uno dei fiori californiani più in sintonia con la Dea tiranna o sacrificata, a seconda delle esigenze emerse nell’arco della giornata, affinché il lavoro iniziato insieme possa continuare individualmente nei giorni seguenti il workshop.


“In periodi particolarmente faticosi o dolorosi ci ritroviamo a pensare:
non mi riconosco più”.
Questo spesso avviene perché la situazione esterna è radicalmente mutata ed i nostri abituali schemi comportamentali diventano inadeguati.

E’ in quel momento che il nostro inconscio cerca di porre rimedio alla crisi attivando aspetti della nostra psiche che fino ad allora erano rimasti silenti.
Con un altro linguaggio possiamo dire che una dea dentro di noi, che fino a quel momento non era stata riconosciuta, si attiva, creando un certo scompiglio e dettandoci atteggiamenti ed emozioni che sorprendono noi stesse e possono creare sgomento fra chi ci sta intorno.
In questo caso noi non siamo diventate qualcun’altra, ma piuttosto stiamo esprimendo realmente noi stesse, sperimentando parti di noi che per svariare ragioni non avevamo mai voluto o potuto vedere.

Quando la donna diventa consapevole delle forze archetipiche che agiscono su di lei, ottiene il potere che questa conoscenza fornisce.
Le “Dee” sono la rappresentazione di tali forze, potenti e invisibili, che plasmano la nostra condotta ed influenzano le nostre emozioni.
Nella pratica tale conoscenza può chiarirci il mistero di certi comportamenti che avevano sorpreso prima di tutto noi stesse:

Ecco perché l’ho fatto!!!” .
Capire ci aiuta a superare il dolore e la vergogna per aver commesso errori, passi falsi che ancora ci bloccano in inutili e nocivi sensi di colpa.
E’ allora che si crea la bellissima e non facile possibilità di liberarci da quelle maschere dietro alle quali ci eravamo nascoste e che ci permettevano di vivere la nostra vita soltanto in minima parte.”


DOMENICA 19 FEBBRAIO 2017

Si è tenuto il primo workshop intitolato Il Labirinto delle 7 Dee a Milano con la partecipazione di 14 meravigliose donne.

Ecco alcuni dei loro commenti

 

Per ulteriori informazioni, consultate la pagina: https://www.facebook.com/labirinto7dee/

Black Eyed Susan

Black Eyed Susan

Questo mio contributo, tradotto e pubblicato dalla FES, Flower Essence Society, rappresenta un esempio di integrazione fra la Floriterapia ed il lavoro con gli Archetipi Femminili.

Per approfondimenti, eccovi il link:

http://www.flowersociety.org/raggio-interview.html

http://www.flowersociety.org/raggio-bes-case.html

L’Essenza Californiana e il gatto nero di Patricia: una interpretazione analogica

L’Essenza Californiana e il gatto nero di Patricia: una interpretazione analogica

Ascoltare Patricia Kaminski rappresenta sempre un’esperienza unica. In particolare mi esalto quando la sento condividere il suo amore per gli animali e per i suoi gatti in particolare.

Non poteva dunque cancellarsi dalla mia memoria la storia del suo gatto nero che pur amato e coccolato si dimostrava molto mordace. Chi conosce i gatti lo sa, nessuno è uguale all’altro, ma ognuno ha una personalità ben definita, con predilezioni, tic, manie e modalità di relazione diverse. Ci sono quelli più “graffiosi”, che utilizzano gli artigli affilati per ribellarsi e difendersi, quelli assolutamente pacifici che, sebbene dotati di strumenti di offesa, non danno segno di esserne consapevoli, il micio di Patricia usava le zanne e posso dire, per esperienza diretta, che il morso di un piccolo felino può fare piuttosto male. Questa panterina, pur affettuosa ed intelligente, era assolutamente intrattabile e non disposto a farsi manipolare.

Immagino che un animale di affezione nelle mani della Kaminski non possa esimersi dallo sperimentare l’efficacia delle Essenze Floreali, infatti Patricia decise di provare ad utilizzare con lui l’essenza del fiore Snapdragon, letteralmente “morso di drago”, quello che noi chiamiamo “Bocca di Leone”. Purtroppo non è per nulla facile somministrare medicine e rimedi in generale ad un gatto così battagliero, così lei pensò di utilizzare un particolare sistema di somministrazione per non stressare l’animale, evitando lotte per infilargli in bocca le goccine.

Questo metodo lo consiglia a tutti noi: bisogna inumidirsi le mani con il rimedio in soluzione acquosa a poi accarezzare il pelo dell’animale, lui stesso, sia leccandosi che attraverso la pelle, assumerà l’essenza senza agitarsi troppo.

Il gatto in questione, evidentemente, sebbene piuttosto selvaggio accettava le carezze, con quelli che invece non si fanno proprio toccare, non ci resta che unire l’Essenza Floreale all’acqua o al cibo, sperando che il felino, notoriamente schizzinoso, non percepisca l’aroma del brandy.

Patricia conclude la sua storia raccontandoci che il gatto nero in seguito alla assunzione di Snapdragon, divenne decisamente meno aggressivo e mordace.

Vediamo adesso un po’ più in dettaglio di che Fiore stiamo parlando.

Bocca di Leone: Antirrhinum majus: anti (simile), rhin (muso). Anche il termine botanico fa riferimento alla particolare conformazione del fiore i cui petali, se leggermente premuti, si aprono ricordando il muso di un animale.

In fitoterapia, l’estratto ricavato dalle foglie e dai fiori è ricco di mucillagini e glucosidi con proprietà principalmente antinfiammatorie e lenitive.

È interessante notare come questo estratto sia consigliato per curare infiammazioni e ulcerazioni del cavo orale.

Ecco nuovamente l’indicazione collegata ai termini bocca-muso-morso, presenti sia nel nome popolare dato all’Antirrhinum majus in diversi paesi che nella denominazione botanica.

La pianta appartiene alla famiglia delle Scrophulariaceae comealtri fiori utilizzati in floriterapia, basti pensare al Mimulus del repertorio di Bach ed ai MonkeyFlower , repertorio FES.

Per quanto riguarda la floriterapia, Katz e Kaminski, utilizzano la varietà gialla, ma non sono riuscita a scoprire se anche in Nord America, come in area mediterranea, la pianta cresce spontanea nei prati nelle sue due principali varietà rosa e gialla.

In Sicilia e nell’isola di Pantelleria mi sono imbattuta in distese fiorite di questa pianta nella varietà rosa, con grandi e vistosi fiori, in Liguria invece ho sempre incontrato la varietà spontanea di colore giallo, con fiori decisamente più modesti.

La FES ci fornisce questa indicazione per l’utilizzo della Essenza Floreale:

“ tensione alle mandibole, aggressività verbale, energia della libido repressa o mal diretta”.

Questa breve riflessione sull’Essenza Californiana Snapdragon, tenta di mostrare le intime connessione fra l’aspetto della pianta, il suo comportamento e l’utilizzo sia in fitoterapia che nell’ambito che in questa sede più ci interessa: la floriterapia.

La lettura della pianta, sulla scia di grandi Anime come Paracelso e lo stesso Dott. Edward Bach, ci invita a portare l’attenzione sulle analogie presenti nella natura, solo così noi possiamo renderci conto che Il mondo dei simboli non è un’invenzione di qualche geniale intellettuale, bensì parte integrante dell’esistenza stessa.

“Dandelion per l’Anima, Tarassaco per il Corpo”

“Dandelion per l’Anima, Tarassaco per il Corpo”

Il tarassaco in questa stagione non fiorisce: “deflagra”.

Appare ovunque con una generosità commovente, ornando persino le più martoriate aiole di Milano. Per regalarci la luce dorata del suo fiore giallo pretende davvero poco: solo qualche manciata di terra e un pallido raggio di sole velato dalle polveri sottili.

Eppure è una pianta nota da sempre per le sue virtù risanatrici. Il buffo nome popolare “piscialetto” evidenzia le sue proprietà diuretiche. Contiene delle sostanze amare (inulina e tarassicina) che lo rendono soprattutto utile come drenante del fegato che proprio in questa stagione, dopo i mesi invernali avrebbe bisogno di disintossicarsi. Va sottolineato che questa pianta contiene una notevole quantità di potassio, minerale che agisce sul meccanismo di contrazione e rilassamento dei muscoli.

Richard Katz e Patricia Kaminski hanno inserito nel loro sistema di Essenze Floreali il tarassaco con il nome inlgese di “dandelion”, termine che più per assonanza che traduzione letterale ci rimanda ad un altro nome popolare della nostra pianta: “dente di leone”, probabilmente in riferimento all’aspetto dentellato delle sue foglie.

Considerandomi una Vervein caratteriale, quindi sempre un po’ tesa, l’ho utilizzato diverse volte oralmente. A differenza di molte mie colleghe di vasta esperienza, personalmente non ho tratto un evidente vantaggio dall’assunzione di questo fiore. La muscolatura del collo, capro espiatorio di tutti i miei malumori, non riusciva a rilassarsi. Allora ho provato ad applicare localmente dandelion veicolato nell’olio, praticando un lievissimo massaggio che senza comprimere la parte dolente si limitava a trasmetterle il calore della mano. Questa volta ha funzionato!

Fateci caso, spesso il nostro collo si ”incricca”, in seguito ad un’arrabbiatura; sfiorandolo potete sentire la sua muscolatura orrendamente contratta. Io ho fatto l’equazione Torcicollo= Rabbia e noto, guarda caso , che in erboristeria il tarassaco è utilizzato anche per drenare il fegato attraverso la stimolazione della bile. Questi due organi, secondo medicine tradizionali di diverse provenienze, sono associati all’l’emozione  Rabbia, mentre nella cultura popolare si dice che uno arrabbiato o invidioso diventa “ verde dalla bile” o “si mangia il fegato”. Del resto senza disturbare la carenza di potassio, di cui questa pianta è ricca, sappiamo che rabbia e tensione ci portano a contrarre i muscoli, stringere i pugni e alzare le spalle.

Provate a zampettare sui siti di body building…è una esperienza.. curiosa… , troverete una discussione minuziosa sull’utilizzo di estratti di tarassaco come coadiuvanti dell’attività muscolare.

Insomma alla fine tutto torna, e ci conduce alle indicazioni dell’ Essenza Californiana Dandelion, consigliata  a persone molto tese, impegnate in un grande sforzo, che hanno difficoltà a “mollare” e sono poco attente ai messaggi che il corpo invia loro.

Ricordiamoci, come  insegna Patricia Kaminski, che l’Essenza Floreale porta le proprietà curative ed il carattere della pianta dal livello del soma a quello spirituale- animico. Questo principio vale ovviamente per tutti i fiori, ma se si osserva nelle piante officinali diventa di più facile comprensione.

Che la Dea vi accompagni.

.

.

“Erbe buone per l’anima e per la… gola”

“Erbe buone per l’anima e per la… gola”

Quando il sole si fa più discreto, attenuata la vampa estiva, sotto gli ulivi cominciano a spuntare, tenere, tenere, le erbe selvatiche e finalmente la raccolta può incominciare. Sono le erbe che noi conosciamo perché ne utilizziamo le vibrazioni sotto forma di essenze floreali e il cui principio attivo ci aiuta a curare diversi acciacchi. Erbe spontanee che sapientemente cucinate contribuiscono da secoli a rendere la cucina ligure, che è essenzialmente “povera”, così saporita e profumata.

Tra le tante ricette che utilizzano questo bendiddio, vi presento la più semplice, ma anche quella che fa più discutere a partire dall’origine del suo curioso nome: PREBUGIUN . Si racconta che il termine derivi addirittura da Goffredo di Buglione che aveva attraversato il territorio con i suoi crociati. Questi chiedevano offerte di cibo alla popolazione “ pro Buglione”, di qui Prebugiùn o Preboggiòn, a seconda delle zone.

Il piatto è davvero elementare: un insieme di erbe selvatiche che vengono fatte lessare e poi mescolate alle patate bollite, il tutto deve essere poi abbondantemente innaffiato da ottimo olio di frantoio.

Meno semplice è invece la sua composizione che negli anni è andata impoverendosi, molte erbe ormai non si trovano più, o piuttosto, sempre meno persone le sanno riconoscere.

Le principali erbe che compongono il brebugiùn sono: Cicerbita (lig. scixèrbua – Sonchus oleraceus); Grattalingua, (lig. [rat]talêgua – Reichardia picroides); Raperonzolo, (lig. ranpunçu – Campanula rapunculus); Cicoria, (lig. radicion – Cichorium intybus); Radicchio selvatico, (lig. denti de coniggio – Hyoseris radiata); Tarassaco, (lig. dente de can – Taraxacum officinale); Borragine, (lig. boraxe – Borago officinalis); Bietola di prato, (lig. gè – Beta vulgaris); Ortica, (lig. ortiga – Urtica dioica; Papavero, (lig. papavao – Papaver rhoeas).

Io ricordo, aimè troppi anni fa, di anziane contadine che aggiungevano foglie di Pratolina (Bellis Perennis) eVioletta( viola odorata) per rendere il miscuglio “ più profumato”

Così ce ne parla il poeta chiavarese Carlo Costa (1912-2000), nella sua poesia PORTO D’ERBE:

Vaddo p’erbe, talegue, radiccion, 
crescion, bonòmmi, sciscèrboe, boraxi; 
scerbo gramigna, leuggio, scioùa d’òrto;
çenn-o con ‘n euvo e ‘n pò de preboggion: 
scòrdo do mondo coæ, bæghe, ravaxi 
into refugio e a paxe do mæ pòrto.

(Vado in cerca d’erbe, radicella, radicchio, crescione, cicerbite, borragine; estirpo gramigna, loglio, fioritura d’orto; ceno con un uovo e un po’ di verdura bollita: dimentico le voglie, le beghe, i trambusti del mondo nel rifugio e nella pace del mio porto.)

Il tarassaco e la borrragine fanno parte del sistema di essenze floreali californiane, con i nomi di Dandelion e Borage.

Dandelion termine inglese che ci riporta al nome popolare “dente di leone”, è quella comunissima pianta che ha foglie appunto dentellate e il cui fiore, di un bel giallo solare, si trasforma nei cossiddetti soffioni, i morbidi batuffoli di semi che i bambini amano disperdere nell’aria con un soffio. Agisce sulle contratture muscolari, ed è utile alle persone molto tese, indaffarate, che tendono a disperdere la propria energia.  Assumendola saremo guidati a dare maggiore ascolto ai messaggi che ci arrivano sia dal nostro corpo che dalle nostre emozioni.

Borage è una essenza floreale che utilizzo molto sia per me che per le persone di cui mi prendo cura. E’ partcolarmente utile per tutte quelle emozioni legate alla tristezza e allo scoraggiamento che talvolta possono essere percepite fisicamente nella zona del cuore. Ho notato che spesso chi mi sta parlando di un lutto o un grosso dipiacere tende a portarsi la mano in quel punto che la tradizione indiana indica come chakra del cuore. Borage dona il coraggio di andare avanti anche nei momenti di maggiore afflizione.

.

.

“Il ritorno della Dea”

“Il ritorno della Dea”

Partecipo a un seminario di floriterapia: è la fine di ottobre del 2008. Richard Katz e Patricia Kaminski, ricercatori e scopritori del sistema di Essenze Floreali Californiane (FES), sono in Italia e un centinaio di persone si raccoglie intorno a loro, in un piccolo Hotel delle Dolomiti, spinti dall’amore per i fiori, la Natura e l’armonia del Creato.

Mi guardo intorno e contemplo i visi: espressioni assorte, entusiaste, persino eccitate. Mi faccio una domanda: quanti uomini ci sono in sala? Li conto, arrivano a stento al dieci per cento dei presenti, mi viene da dire ” complimenti alle mamme di quelli che sono qui con noi”.

Eppure Edward Bach, Paracelso, Ermete Trismegisto, lo stesso Richerd Katz, sono maschi, ma qui, chi magnetizza l’attenzione è Patricia che ci parla di fiori, colori, forze della natura, fasi lunari, anima e compassione per tutti gli esseri viventi.

Mentre l’ascolto non posso fare a meno di pensarlo: ” ecco una delle tante incarnazioni della Dea “, poi circolo fra la folla, mi siedo al ristorante, chiacchiero, osservo e ascolto. Sento che la presenza della Dea è ancora forte: sta nella vitalità di tante delle donne presenti e contagia i maschi che sono lì con noi.

L’energia femminile della Dea primigenia non ha più bisogno di nascondersi, qualche cosa è cambiata in molte coscienze, e sempre meno viene criminalizzata o ridicolizzata. Ovunque sul web assistiamo alla fioritura di siti, più o meno seri, più o meno affascinanti che parlano delle antiche dee, non solo del mondo classico, ma anche di quello celtico, egizio, precolombiano. Chiamiamola Artemide, Demetra, Circe, Morgana o Iside, come più ci piace, ma non la trascuriamo, renderle onore significa riconoscere in noi il suo potere di TRASFORMAZIONE.

A questo proposito cito Erich Neumann, che ha saputo onorare il suo femminile con opere di fondamentale importanza:

“…In questo mondo matriarcale il mondo spirituale della luna, corrispondente al simbolismo fondamentale dell’Archetipo del Femminile, viene concepito come nascita, anzi, come rinascita. Ovunque incontriamo il simbolo della rinascita ci troviamo dinnanzi a un mistero di trasformazione matriarcale. Il simbolismo della trasformazione diviene sacrale ovunque alla natura di pura trasformazione del processo faccia seguito l’intervento umano…La forma più elevata di questa trasformazione naturale sublimata è il processo di integrazione della personalità umana…. Processi simili sono i misteri primordiali del femminile. ..come la preparazione di cibi e bevande, la creazione di vestiti, vasi, case, ecc….” (Eric Neumann, La Grande Madre, Casa editrice Astrolabio, pag.66)

Quindi l’evento della trasformazione, che sia legata alla cottura del cibo o alla cura della persona, era originariamente accomunato al principio femminile, consacrato da uomini e donne attraverso il culto della Grande Madre.

Così mentre sono assorta in tali considerazioni ho un pensiero: per questa ragione mentre sto scrivendo contemporaneamente tengo d’occhi i fornelli dove sulla fiamma sta “trasformandosi” lo stoccafisso alla ligure e io, in quanto donna, riesco a non bruciarlo?

Che la Dea vi accompagni.

* (L’immagine di chicory è della dott. Gabi Krause)

.

.

Archivio Articoli