essenze floreali californiane Archives - Il Canto di Estia di Marisa Raggio

INTO THE WILD 2018 Seminario Residenziale

INTO THE WILD 2018 Seminario Residenziale

Da sempre le donne ed il corpo sono state unite alla ciclicità dei ritmi naturali. Una connessione speciale che in tante culture ha assunto il connotato di una vera e propria Sacralità.
Tutto è cominciato con la Dea e nonostante lo scorrere dei millenni ed il susseguirsi di culture che hanno costruito culti intesi a negare la sacralità del femminile, restano nella nostra psiche e nel nostro corpo tracce talvolta flebili, talvolta sorprendentemente potenti, di un potere antico che, se utilizzato con consapevolezza, cura e guarisce.
Ritrovarci insieme, immerse in una dimensione naturale ancora selvaggia è ogni anno una esperienza intensa che portiamo con noi confortandoci nella nostra routine quotidiana.

In un luogo appartato, di eccezionale bellezza, dove tutto è rimasto intatto, abbandoniamo i nostri schemi abituali per incontrare l’anima della natura e cogliere l’essenza della floriterapia.
Un breve accenno ai programmi di lavoro per questo weekend nella Natura:
1) Osservazione e studio della pianta nel suo habitat, per entrare in relazione diretta con la sua Anima: riflessioni sulla segnatura.
A cura di Gabriele Krause
2) Meditazioni e ascolto attraverso la pratica del Tai Chi Chuan e Qi Gong (Itcca Italia™) : percepire l’energia sottile della pianta.
A cura di Patrizia Roberti
3)I Fiori e le Dee®
Insieme sperimentiamo l’incontro fra il Principio Femminile e la potenza della Madre Terra: una fusione officiata dal potere rivitalizzante delle Essenze Floreali.
A cura di Marisa Raggio

 

I WORKSHOP DEL LABIRINTO DELLE 7 DEE

I WORKSHOP DEL LABIRINTO DELLE 7 DEE

I miti greci rappresentano efficacemente aspetti psichici comuni a tutta l’umanità.
Il principio femminile presente in ognuno di noi, sia donna che uomo, è una parte fondamentale  delle nostre dinamiche emozionali e logico-razionali, quindi le influenza potentemente, spesso senza che noi ce ne rendiamo conto.
Emozioni, rimuginìi inconfessabili, comportamenti impulsivi, che spesso ci confondono creandoci imbarazzo e sofferenza, sono mirabilmente espressi nelle figure mitologiche del pantheon greco-romano. Riuscire ad oggettivarli e comprenderli ci regala una maggiore consapevolezza di noi stessi e di “come funzioniamo”.
Capire “come funzioniamo” ci permette anche di trasformare i meccanismi che ci angustiano ed agiscono nella nostra quotidianità, complicandola ed appesantendola.
Il principio femminile, che da millenni la società patriarcale ha scelto di svalutare, sopravvive in noi  come una forza interiore, troppo spesso non adeguatamente onorata e riconosciuta, quindi inevitabilmente sotto- utilizzata.  Tale principio lo percepiamo ancora vitale ed attivo  nella antica narrazione delle dee dell’Olimpo greco e nei miti ad esse collegati.

WORKSHOP INTRODUTTIVO
Durante il workshop introduttivo incontriamo e studiamo a fondo queste figure mitologiche, le loro caratteristiche e le affascinanti storie di cui sono protagoniste, cercando di ascoltare come tutto ciò risuoni in noi. Inoltre collochiamo in un quadro storico e sociale il percorso attraverso il quale l’Archetipo Femminile è sopravvissuto, osservando attentamente come è giunto, più o meno camuffato, ma intatto, fino a noi. Nella condivisione emergeranno temi personali irrisolti o nascosti che collegheremo ad alcune essenze floreali di Bach e del sistema californiano, permettendoci di affrontarle iniziando ad armonizzarle.

AGIRE LA DEA
Nei successivi due laboratori di approfondimento, fatta “amicizia” con le  principali dee della mitologia classica, si tratterà di percepirle sempre più intimamente, relazionandoci con le parti di noi che esse rappresentano.Questo viene definito: “AGIRE LA DEA”.
Attraverso diverse tecniche che variano a seconda dei gruppi di lavoro e delle persone, ogni partecipante metterà in scena, con i mezzi che preferisce (o anche solo con il silenzio) una propria rappresentazione di quelle dee le cui caratteristiche maggiormente riconosce in se stesso. Tale azione, che conduce ad una maggiore consapevolezza delle proprie dinamiche emotive e relazionali, offre l’opportunità per svelare aspetti di noi che non volevamo vedere, trasformando così comportamenti  reiterati che ci fanno male.
Il laboratorio si articola in due distinte giornate, in cui si lavorerà su due distinti gruppi di dee che presentano polarità particolarmente interessanti:
Primo incontro: Artemide/Era e Atena/Afrodite
Secondo incontro: Demetra/Persefone ed Estia
Marisa Raggio

WORKSHOP INTRODUTTIVO                                                                                                                                                                                                                            Domenica 20 maggio ore 9:30 / 18

AGIRE LA DEA (Prima Parte)
Sabato 24 marzo
ore 9:30 / 18

AGIRE LA DEA (Seconda Parte)
Domenica 18 novembre
ore 9:30 / 18

Presso presso la sede di
Lighthouse CromoRañj R. Ravizza
Via Eupili, 10, 20145 Milano

Il Labirinto delle 7 Dee – un workshop di Marisa Raggio

Il Labirinto delle 7 Dee – un workshop di Marisa Raggio

DOMENICA 26 NOVEMBRE
Dalle ore 9,30 alle ore 18

Dove:
Lighthouse CromoRanji R:Ravizza
Via Eupili 10, 20145 Milano

❤️ IL PROGRAMMA IN SINTESI
La giornata inizierà con un excursus di tipo logico-cognitivo per inquadrare l’Archetipo Femminile attraverso i secoli, partendo dalle divinità femminili più note del Pantheon greco-romano e prendendo in considerazione alcuni dei miti più significativi ad esse collegati.
Attraverso la narrazione e le immagini, sarà così possibile addentrarsi profondamente in questa materia affascinante, individuando gli elementi simbolici che dall’antichità continuano ad avere un forte significato evocativo ed attuale in tutte noi.
Al termine di questa panoramica le partecipanti saranno in grado sperimentare nel proprio personale mondo emotivo le valenze simboliche che maggiormente risuonano. 
Questo significa “AGIRE LA DEA” ovvero comprendere quale principio archetipico domina in noi e quale invece è più sacrificato.
Il pomeriggio sarà dedicato alla condivisione delle esperienze personali di ciascuna partecipante, in un clima di fiducia e gioia, facilitata dalla energia e solidarietà del gruppo, dall’utilizzo di Essenze Floreali californiane legate alle piante con il bulbo e dall’ esperienza ultra-ventennale di insegnamento di conduzione di gruppi di Marisa Raggio.
Sarà inoltre previsto un momento di veloce riepilogo di tutti gli archetipi attraverso l’uso degli olii essenziali, secondo una ricerca di Susanna Lupoli, naturopata, floriterapeuta ed allieva di Marisa Raggio.
Prima di salutarci, a ciascuna partecipante verrà consegnata una boccetta contenente uno dei fiori californiani più in sintonia con la Dea tiranna o sacrificata, a seconda delle esigenze emerse nell’arco della giornata, affinché il lavoro iniziato insieme possa continuare individualmente nei giorni seguenti il workshop.

 

 

I FIORI E LE DEE ® Un’intervista a Marisa Raggio

I FIORI E LE DEE ® Un’intervista a Marisa Raggio

D) In che cosa consiste la tua ricerca?

MARISA) Io sono fondamentalmente una floriterapeuta, utilizzo cioè le Essenze Floreali per offrire aiuto e sostegno alle persone che si rivolgono a me.

In prevalenza la mia clientela è composta da donne e ho sempre pensato che condividere le loro storie, i loro dolori, difficoltà ed emozioni sia un grande privilegio.

A differenza dei miei clienti maschi, che non essendo abituati a condividere i contenuti emotivi più intimi spesso faticano ad “esporsi”, le donne amano “raccontarsi”. La loro narrazione spesso è ricca di elementi interessanti ma tende a mutare, spostando il focus ad ogni incontro. Stabilire una gerarchia di Essenze Floreali da proporre, così come aiutarle a fissare degli obiettivi da perseguire, può rivelarsi complicato. La teoria degli Archetipi mi è servita, e mi serve tuttora, da parametro per ordinare questa grande massa di informazioni.

Guardando dentro di me ed osservando le mie clienti, ho realizzato che spesso la nostra realtà, sia interiore che esteriore, viene occultata dal racconto di quello che vorremmo essere ed apparire. Ci sono aspetti e qualità del nostro femminile che giudichiamo prestigiose e quindi ci illudiamo che siano nostre, altre invece, pur governando i nostri comportamenti e le nostre emozioni, non sono ritenute accettabili e perciò vengono nascoste.

La domanda di fondo di tutta la mia ricerca è: CHI SONO VERAMENTE?

 

D) Quando hai iniziato la tua ricerca?

Marisa) Già all’università, mentre lavoravo alla mia tesi in antropologia culturale su una popolazione del sud del Cile dove e è tutt’ora diffusa una forma di sciamanesimo femminile. Come in altre società non industrializzate, dunque legate al mondo agricolo, la struttura cosmogonica e la loro concezione del Sacro pone al centro elementi simbolici fortemente collegati al principio femminile.

Molte letture mi hanno permesso di riconoscere quanto la stretta connessione fra la donna, il suo corpo ed i cicli della natura sia stata in passato, come possiamo osservare ancora oggi in alcune popolazioni arcaiche, considerata Sacra.

Questo non smetteva di sorprendermi considerando la svalutazione sociale e religiosa a cui la donna è relegata nelle principali religioni monoteiste e che tuttora persiste nonostante l’emancipazione femminile abbia, specialmente negli ultimi 100 anni, dato vita ad una evidente “rivoluzione”.

Ciò sta avvenendo soprattutto a livello sociale, anche se tanta strada resta ancora da percorrere, ma per quanto riguarda l’aspetto religioso le cose non vanno di pari passo. I roghi della caccia alle streghe in fondo sono ancora tiepidi…

 

D) C’è un episodio cardine che ti ha portato a capire che la tua strada sarebbe stata quella della tua ricerca?

Marisa) Naturalmente non un singolo episodio. Nella mia vita ci sono stati tanti mutamenti: mi sono ritrovata a sentire più volte il bisogno di cambiare lavoro, luogo di residenza, partner.

Ognuna di queste “crisi” mi ha costretta a rivedere l’immagine di me stessa, aggiungendo tessere al puzzle che costituisce la mia personalità.

Con il trascorrere degli anni, ogni “crisi” mi portava a penetrare sempre più in profondità il mio mondo emozionale e quello delle mie clienti.

Mi è così diventato chiaro che le scelte sbagliate nella vita si fanno seguendo non ciò che si è ma quello che si vorrebbe essere.

Mentire a noi stessi è una pratica universalmente diffusa. Riconoscere gli aspetti della auto-narrazione che sono autenticamente nostri, liberandoci da quelli acquisiti o costruiti negli anni come illusoria protezione, è un lavoro che richieda coraggio e cuore pulito, ma può condurci a grandi sorprese, alcune spiacevoli altre gratificanti, tutte comunque estremamente illuminanti.

A livello personale, si è trattato di un lavoro impegnativo, a tratti doloroso, che però mi ha regalato una sensazione di espansione, freschezza e gioia come mai nella mia vita. Tale esperienza ritengo possa essere preziosa per ogni donna.

 

D) Che formazione hai seguito?

Marisa) Sono laureata in Lettere Moderne all’Università di Genova con indirizzo in Etnologia. La mia tesi di laurea, relatrice la grande etnologa Ernesta Cerulli, riguardava i Mapuche, una popolazione indigena del Cile, in cui è diffusa la figura della “Machi”, una donna che svolge nella comunità funzioni di guaritrice ed è spesso riconosciuta come “sciamana”, colei che collegando il mondo degli spiriti con quello degli uomini, si rende artefice di una guarigione che non è solo fisica, ma soprattutto spirituale.

In seguito, scoprendo il pensiero di Edward Bach e la Floriterapia ho frequentato i corsi di Margaretha Mijnlieff, una delle pioniere di questa disciplina nel nostro paese. La mia attività di Floriterapeuta è iniziata concretamente a Milano nel 1995.

Anni dopo ho frequentato una formazione di counseling che si è rivelata utile sia nella pratica floriterapica che in quella didattica. Infatti, dalla sua fondazione, nel 2002, sono docente della Scuola dell’Unione di Floriterapia di Milano.

 

D) Quali autori e ricercatori hanno influenzato la tua ricerca?

Marisa) E’ difficile ricostruire la genesi delle mie ricerche perché essendo stata una lettrice compulsiva da sempre, ho letto tantissimo materiale. Posso ricordare però che il primo approccio al pensiero Junghiano è stato con un libro di James Hillman letto nel 1998: “Il Puer Aeternus” (edizioni Adelphi), testo fondamentale sulla Teoria degli Archetipi.

Successivamente ho provato ad accostarmi all’enorme lavoro di C.G.Jung, in particolare alla sua identificazione del concetto di Anima e Animus; fondamentale per me è stata la lettura del suo libro “L’uomo e i suoi Simboli”.

Seguendo questa strada, ho scoperto un filone d’oro rappresentato dalle grandi allieve di Jung. – Maria Louise Von Franz ed M. E. Harding – che mi hanno accompagnato verso una progressiva comprensione di quello che resta un concetto complicatissimo: l’Archetipo junghiano.

Assolutamente illuminante furono le poche parole che Jung scrive nel1932, per l’introduzione al libro della Harding, La Strada della Donna(ed Astrolabio):

I concetti biologici e sociali possono esprimere soltanto una metà dell’anima femminile. Invece in questo libro diviene chiaro che la donna possiede anche una peculiare spiritualità del tutto sconosciuta all’uomo”

Queste tre righe da sole possono rappresentare la mia intera ricerca sul Femminile.

Anche Erich Neumann ha ispirato moltissimo la mia ricerca con il suo testo fondamentale “La Grande Madre” (ed. Astrolabio). Un libro estremamente innovativo che si impegna ad evidenziare la struttura e lo sviluppo dell’archetipo del femminile nelle sue manifestazioni concrete nel mondo.

Solo alcuni anni fa invece ho potuto conoscere la figura, le opere e le scoperte dell’archeologa Marija Gimbutas, fondatrice dell’Archeomitologia (Marija Gimbutas, Il Linguaggio della Dea, Ed Venexiana). Il suo lavoro è stato enorme sia in termini di quantità che di importanza, dunque difficile da riassumere qui in poche parole. Basti pensare alla sua ipotesi, solo negli ultimi tempi riconosciuta a malincuore dal mondo accademico, secondo la quale nell’Europa antica, dal tardo paleolitico al neolitico, fino all’età del bronzo, esistevano società agricole, sostanzialmente egualitarie e pacifiche che ponevano al centro della loro concezione del sacro una divinità femminile: la Dea.

Tali società furono, nell’arco di alcuni millenni, totalmente cancellate dalle invasioni di popoli indo-europei che imposero una struttura sociale e religiosa androcentrica. La grande quantità di reperti trovata da questa archeologia e l’attenta catalogazione di essi, rappresenta una importante conferma della presenza del Sacro Femminile nell’Europa antica. Tale scoperta ribalta il punto di vista da cui possiamo osservare la storia dell’umanità, focalizzandoci sull’insieme di valori sacri, intellettuali e corporei femminili che per millenni sono stati disprezzati ed esclusi dalla concezione del Divino, nonché da ogni forma di culto. La perdita del Sacro Femminile, ha impedito all’uomo di sperimentare adeguatamente una parte importante della sua dimensione emotiva e psichica, nel timore di essere poco virile, quindi inferiore. Siamo di fronte ad una revisione della storia dell’umanità che restituisce a tutti noi, donne e uomini, ciò che era andato perduto.

Un vero piacere è stata anche la lettura del fortunato libro di Jane Shinoda Bolen – Le Dee dentro la Donna (edizione Astrolabio) che semplifica e rende accessibile a tutte noi i modelli archetipici potentemente rappresentati dalle divinità della mitologia ellenistica

Ben più significativo per me è stato un altro libro della Bolen, non facilmente reperibile in questo momento – Passaggio ad Avalon (edizioni Piemme) – dove l’autrice narra la propria personale esperienza verso il riconoscimento della Dea.

Tra i sistemi floreali più diffusi attualmente, partendo da quelli del maestro Edward Bach, ho approfondito ed utilizzato con le mie clienti, le essenze floreali scoperte da Patricia Kaminski in collaborazione con il marito Richard Katz. Se il fiore rappresentativo del femminile scoperto dal dottor Bach è perfettamente espresso nell’essenza floreale Chicory, Patricia Kaminski, con la sua ricerca, ha trovato una serie di Fiori che vanno ad agire proprio sui diverse aspetti fisici ed emotivi delle donne, nonché degli aspetti femminili presenti in ogni uomo. Alcune di queste essenze, non a caso, sono delle bulbose. L’associazione analogica fra queste piante e l’utero femminile è evidente, così come quella fra un’essenza fondamentale Pomgranate (melograno) che nell’iconografia cristiana è spesso accostata alla Vergine Maria. Anche l’arte antica, dal mondo etrusco, a quello greco romano, fino al Rinascimento abbina questo frutto alla figura femminile. Abbiamo un monumento funebre etrusco in cui è rappresentata una nobildonna che tiene nella mano una melagrana. Un mito fondamentale come quello del ratto di Persefone cita i suoi semi, mentre visitando Ferrara, in un solo pomeriggio mi sono imbattuta in un affresco di Francesco Cossa che ritrae il trionfo di Venere in un carro decorato da melograne e più tardi nella commovente Madonna della melagrana di Jacopo della Quercia.

 

D ) Che differenza c’è fra la tua ricerca sugli Archetipi Femminili e le Dee rispetto alle proposte del panorama italiano?

Marisa) Da quanto ho raccontato fino a qui, mi sembra chiaro che il mio impegno non nasce da una infatuazione passeggera, legata ad un tema affascinante e molto di moda.

Ritengo che la mia ricerca possa rappresentare una novità in quanto è la prima volta in cui gli Archetipi vengono utilizzati nella pratica del colloquio di Floriterapia.

Personalmente propongo uno strumento che utilizzo da anni concretamente nella mia attività di Floriterapeuta.

Assumendo le Essenze Floreali, permettiamo loro di iniziare un dialogo con parti di noi sofferenti, maltrattate, ignorate, trasformandole dolcemente da zavorra a risorse utili nelle sfide della vita di tutti i giorni.

La lettura della narrazione della cliente in chiave di Archetipi  contribuisce a chiarire aspetti spesso taciuti perché imbarazzanti o troppo dolorosi, di conseguenza a migliorare l’autoconsapevolezza, facilitando il compito della Floriterapeuta.

Oggi esiste anche un marchio che riassume la mia ricerca : I FIORI E LE DEE® che vuole rappresentare questo tipo di lavoro.

Ci tengo a precisare anche che al di fuori del mondo della Floriterapia, oggi in Italia, ci sono alcune serie e brillanti ricercatrici che, ognuna con la propria originalità e sempre con grande impegno e passione, diffondono il Nome della Dea.

 

D) In cosa consiste il progetto “Il Labirinto delle 7 Dee”?

Marisa) “Il Labirinto delle 7 Dee” è un progetto che aiuta a diffondere la ricerca I Fiori e le Dee ®.

Il labirinto è un simbolo antichissimo che rappresenta la ricerca del proprio Sè superiore. In questo caso lo utilizzo per esprimere un cammino alla ricerca di pezzi di noi  che abbiamo trascurato e nascosto a vantaggio di altri divenuti  ipertrofici. Ma ogni donna, per stare bene, ha bisogno di tutte le parti che la compongono, impegnandosi sempre a farle funzionare in armonia. Io la chiamo “La Danza degli Archetipi” grazie alla quale possiamo permettere che queste parti dentro di noi convivano con grazia, agendo in alternanza, senza che mai una domini le altre.

Fra tutte le rappresentazioni archetipiche dell’Inconscio collettivo  ho scelto di utilizzare quelle del mondo classico che agiscono potentemente in quanto profondamente radicate nella nostra cultura. Sono le Dee che abbiamo superficialmente incontrato sui banchi di scuola, al cinema, nei libri, dunque sono figure un po’ famigliari.

Quando durante il workshop il mito viene narrato, approfondendo con cura la portata simbolica di ciascuna Dea presentata,  la donna, a prescindere dalla sua formazione scolastica, riconosce immediatamente elementi che la riguardano. La Dea non le è estranea, le ricorda la madre, la sorella, la figlia o la rivale. Più difficile riconoscere che in realtà rappresenta proprio un aspetto che le appartiene. Perché ciò avvenga è utile il confronto con altre donne, sotto la supervisione di chi ha il compito di condurre il gruppo, facilitando la comunicazione.

Ci tengo infine a sottolineare come in questa mia proposta di lavoro resti fondamentale la sapienza dei Fiori: guida e sostegno per quei momenti di paura, confusione, scoraggiamento, smarrimento che costellano il nostro cammino, in questa vita.

Alla fine sempre: grazie Dottor Bach!

L’Essenza Californiana e il gatto nero di Patricia: una interpretazione analogica

L’Essenza Californiana e il gatto nero di Patricia: una interpretazione analogica

Ascoltare Patricia Kaminski rappresenta sempre un’esperienza unica. In particolare mi esalto quando la sento condividere il suo amore per gli animali e per i suoi gatti in particolare.

Non poteva dunque cancellarsi dalla mia memoria la storia del suo gatto nero che pur amato e coccolato si dimostrava molto mordace. Chi conosce i gatti lo sa, nessuno è uguale all’altro, ma ognuno ha una personalità ben definita, con predilezioni, tic, manie e modalità di relazione diverse. Ci sono quelli più “graffiosi”, che utilizzano gli artigli affilati per ribellarsi e difendersi, quelli assolutamente pacifici che, sebbene dotati di strumenti di offesa, non danno segno di esserne consapevoli, il micio di Patricia usava le zanne e posso dire, per esperienza diretta, che il morso di un piccolo felino può fare piuttosto male. Questa panterina, pur affettuosa ed intelligente, era assolutamente intrattabile e non disposto a farsi manipolare.

Immagino che un animale di affezione nelle mani della Kaminski non possa esimersi dallo sperimentare l’efficacia delle Essenze Floreali, infatti Patricia decise di provare ad utilizzare con lui l’essenza del fiore Snapdragon, letteralmente “morso di drago”, quello che noi chiamiamo “Bocca di Leone”. Purtroppo non è per nulla facile somministrare medicine e rimedi in generale ad un gatto così battagliero, così lei pensò di utilizzare un particolare sistema di somministrazione per non stressare l’animale, evitando lotte per infilargli in bocca le goccine.

Questo metodo lo consiglia a tutti noi: bisogna inumidirsi le mani con il rimedio in soluzione acquosa a poi accarezzare il pelo dell’animale, lui stesso, sia leccandosi che attraverso la pelle, assumerà l’essenza senza agitarsi troppo.

Il gatto in questione, evidentemente, sebbene piuttosto selvaggio accettava le carezze, con quelli che invece non si fanno proprio toccare, non ci resta che unire l’Essenza Floreale all’acqua o al cibo, sperando che il felino, notoriamente schizzinoso, non percepisca l’aroma del brandy.

Patricia conclude la sua storia raccontandoci che il gatto nero in seguito alla assunzione di Snapdragon, divenne decisamente meno aggressivo e mordace.

Vediamo adesso un po’ più in dettaglio di che Fiore stiamo parlando.

Bocca di Leone: Antirrhinum majus: anti (simile), rhin (muso). Anche il termine botanico fa riferimento alla particolare conformazione del fiore i cui petali, se leggermente premuti, si aprono ricordando il muso di un animale.

In fitoterapia, l’estratto ricavato dalle foglie e dai fiori è ricco di mucillagini e glucosidi con proprietà principalmente antinfiammatorie e lenitive.

È interessante notare come questo estratto sia consigliato per curare infiammazioni e ulcerazioni del cavo orale.

Ecco nuovamente l’indicazione collegata ai termini bocca-muso-morso, presenti sia nel nome popolare dato all’Antirrhinum majus in diversi paesi che nella denominazione botanica.

La pianta appartiene alla famiglia delle Scrophulariaceae comealtri fiori utilizzati in floriterapia, basti pensare al Mimulus del repertorio di Bach ed ai MonkeyFlower , repertorio FES.

Per quanto riguarda la floriterapia, Katz e Kaminski, utilizzano la varietà gialla, ma non sono riuscita a scoprire se anche in Nord America, come in area mediterranea, la pianta cresce spontanea nei prati nelle sue due principali varietà rosa e gialla.

In Sicilia e nell’isola di Pantelleria mi sono imbattuta in distese fiorite di questa pianta nella varietà rosa, con grandi e vistosi fiori, in Liguria invece ho sempre incontrato la varietà spontanea di colore giallo, con fiori decisamente più modesti.

La FES ci fornisce questa indicazione per l’utilizzo della Essenza Floreale:

“ tensione alle mandibole, aggressività verbale, energia della libido repressa o mal diretta”.

Questa breve riflessione sull’Essenza Californiana Snapdragon, tenta di mostrare le intime connessione fra l’aspetto della pianta, il suo comportamento e l’utilizzo sia in fitoterapia che nell’ambito che in questa sede più ci interessa: la floriterapia.

La lettura della pianta, sulla scia di grandi Anime come Paracelso e lo stesso Dott. Edward Bach, ci invita a portare l’attenzione sulle analogie presenti nella natura, solo così noi possiamo renderci conto che Il mondo dei simboli non è un’invenzione di qualche geniale intellettuale, bensì parte integrante dell’esistenza stessa.

“Dandelion per l’Anima, Tarassaco per il Corpo”

“Dandelion per l’Anima, Tarassaco per il Corpo”

Il tarassaco in questa stagione non fiorisce: “deflagra”.

Appare ovunque con una generosità commovente, ornando persino le più martoriate aiole di Milano. Per regalarci la luce dorata del suo fiore giallo pretende davvero poco: solo qualche manciata di terra e un pallido raggio di sole velato dalle polveri sottili.

Eppure è una pianta nota da sempre per le sue virtù risanatrici. Il buffo nome popolare “piscialetto” evidenzia le sue proprietà diuretiche. Contiene delle sostanze amare (inulina e tarassicina) che lo rendono soprattutto utile come drenante del fegato che proprio in questa stagione, dopo i mesi invernali avrebbe bisogno di disintossicarsi. Va sottolineato che questa pianta contiene una notevole quantità di potassio, minerale che agisce sul meccanismo di contrazione e rilassamento dei muscoli.

Richard Katz e Patricia Kaminski hanno inserito nel loro sistema di Essenze Floreali il tarassaco con il nome inlgese di “dandelion”, termine che più per assonanza che traduzione letterale ci rimanda ad un altro nome popolare della nostra pianta: “dente di leone”, probabilmente in riferimento all’aspetto dentellato delle sue foglie.

Considerandomi una Vervein caratteriale, quindi sempre un po’ tesa, l’ho utilizzato diverse volte oralmente. A differenza di molte mie colleghe di vasta esperienza, personalmente non ho tratto un evidente vantaggio dall’assunzione di questo fiore. La muscolatura del collo, capro espiatorio di tutti i miei malumori, non riusciva a rilassarsi. Allora ho provato ad applicare localmente dandelion veicolato nell’olio, praticando un lievissimo massaggio che senza comprimere la parte dolente si limitava a trasmetterle il calore della mano. Questa volta ha funzionato!

Fateci caso, spesso il nostro collo si ”incricca”, in seguito ad un’arrabbiatura; sfiorandolo potete sentire la sua muscolatura orrendamente contratta. Io ho fatto l’equazione Torcicollo= Rabbia e noto, guarda caso , che in erboristeria il tarassaco è utilizzato anche per drenare il fegato attraverso la stimolazione della bile. Questi due organi, secondo medicine tradizionali di diverse provenienze, sono associati all’l’emozione  Rabbia, mentre nella cultura popolare si dice che uno arrabbiato o invidioso diventa “ verde dalla bile” o “si mangia il fegato”. Del resto senza disturbare la carenza di potassio, di cui questa pianta è ricca, sappiamo che rabbia e tensione ci portano a contrarre i muscoli, stringere i pugni e alzare le spalle.

Provate a zampettare sui siti di body building…è una esperienza.. curiosa… , troverete una discussione minuziosa sull’utilizzo di estratti di tarassaco come coadiuvanti dell’attività muscolare.

Insomma alla fine tutto torna, e ci conduce alle indicazioni dell’ Essenza Californiana Dandelion, consigliata  a persone molto tese, impegnate in un grande sforzo, che hanno difficoltà a “mollare” e sono poco attente ai messaggi che il corpo invia loro.

Ricordiamoci, come  insegna Patricia Kaminski, che l’Essenza Floreale porta le proprietà curative ed il carattere della pianta dal livello del soma a quello spirituale- animico. Questo principio vale ovviamente per tutti i fiori, ma se si osserva nelle piante officinali diventa di più facile comprensione.

Che la Dea vi accompagni.

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“Il ritorno della Dea”

“Il ritorno della Dea”

Partecipo a un seminario di floriterapia: è la fine di ottobre del 2008. Richard Katz e Patricia Kaminski, ricercatori e scopritori del sistema di Essenze Floreali Californiane (FES), sono in Italia e un centinaio di persone si raccoglie intorno a loro, in un piccolo Hotel delle Dolomiti, spinti dall’amore per i fiori, la Natura e l’armonia del Creato.

Mi guardo intorno e contemplo i visi: espressioni assorte, entusiaste, persino eccitate. Mi faccio una domanda: quanti uomini ci sono in sala? Li conto, arrivano a stento al dieci per cento dei presenti, mi viene da dire ” complimenti alle mamme di quelli che sono qui con noi”.

Eppure Edward Bach, Paracelso, Ermete Trismegisto, lo stesso Richerd Katz, sono maschi, ma qui, chi magnetizza l’attenzione è Patricia che ci parla di fiori, colori, forze della natura, fasi lunari, anima e compassione per tutti gli esseri viventi.

Mentre l’ascolto non posso fare a meno di pensarlo: ” ecco una delle tante incarnazioni della Dea “, poi circolo fra la folla, mi siedo al ristorante, chiacchiero, osservo e ascolto. Sento che la presenza della Dea è ancora forte: sta nella vitalità di tante delle donne presenti e contagia i maschi che sono lì con noi.

L’energia femminile della Dea primigenia non ha più bisogno di nascondersi, qualche cosa è cambiata in molte coscienze, e sempre meno viene criminalizzata o ridicolizzata. Ovunque sul web assistiamo alla fioritura di siti, più o meno seri, più o meno affascinanti che parlano delle antiche dee, non solo del mondo classico, ma anche di quello celtico, egizio, precolombiano. Chiamiamola Artemide, Demetra, Circe, Morgana o Iside, come più ci piace, ma non la trascuriamo, renderle onore significa riconoscere in noi il suo potere di TRASFORMAZIONE.

A questo proposito cito Erich Neumann, che ha saputo onorare il suo femminile con opere di fondamentale importanza:

“…In questo mondo matriarcale il mondo spirituale della luna, corrispondente al simbolismo fondamentale dell’Archetipo del Femminile, viene concepito come nascita, anzi, come rinascita. Ovunque incontriamo il simbolo della rinascita ci troviamo dinnanzi a un mistero di trasformazione matriarcale. Il simbolismo della trasformazione diviene sacrale ovunque alla natura di pura trasformazione del processo faccia seguito l’intervento umano…La forma più elevata di questa trasformazione naturale sublimata è il processo di integrazione della personalità umana…. Processi simili sono i misteri primordiali del femminile. ..come la preparazione di cibi e bevande, la creazione di vestiti, vasi, case, ecc….” (Eric Neumann, La Grande Madre, Casa editrice Astrolabio, pag.66)

Quindi l’evento della trasformazione, che sia legata alla cottura del cibo o alla cura della persona, era originariamente accomunato al principio femminile, consacrato da uomini e donne attraverso il culto della Grande Madre.

Così mentre sono assorta in tali considerazioni ho un pensiero: per questa ragione mentre sto scrivendo contemporaneamente tengo d’occhi i fornelli dove sulla fiamma sta “trasformandosi” lo stoccafisso alla ligure e io, in quanto donna, riesco a non bruciarlo?

Che la Dea vi accompagni.

* (L’immagine di chicory è della dott. Gabi Krause)

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