Senza categoria Archives - Il Canto di Estia di Marisa Raggio

Gretel e Hansel regia di Oz Perkins 2020: una lettura secondo Il metodo “Fiori e le Dee”

Gretel e Hansel regia di Oz Perkins 2020: una lettura secondo Il metodo “Fiori e le Dee”

Se’ è vero che esiste un potere femminile oscuro che si nutre della carne dei propri figli, imprigiona e soffoca, esiste anche un potere femminile che sa proteggere, nutrire, salvare, per poi lasciare andare l’Altro verso il proprio destino, preservando così anche se stesso.
Trattenere troppo con noi chi si ama significa imprigionare noi stesse, al contrario lasciarlo andare significa essere libere, esercitando un potere “buono” che integra il lato oscuro e si nutre di quello luminoso.

Questo mi sembra essenzialmente il succo di questa lettura affascinante della fiaba “dark” di Hansel e Gretel, una storia particolarmente inquietante che tuttavia contiene una lezione fondamentale per ogni ogni donna.

Mi chiedo se quest’opera del figlio di Antony Perkins, (sì proprio “quel Perkins” protagonista del mitico Psycho…) abbia avuto un riscontro positivo fra il pubblico.
Il film non è fatto per “acchiappare lo spettatore” dominato com’è da atmosfere cupe e rarefatte in cui i personaggi si muovono come figurette di carta ritagliata.

Anche l’ambientazione antica storicamente non ben definita, come in tutte le fiabe che si rispettino, contribuisce a rendere la vicenda un po’ estraniante e i protagonisti poco coinvolgenti emotivamente.
Eppure il film progressivamente cattura ed al termine della visione lascia una sorta di alone che ci costringe a riflettere sulla vicenda che è stata rappresentata.

Già il titolo: “Gretel e Hansel”, è una dichiarazione di intenti: l’inversione dei nomi dei protagonisti rispetto alla fiaba originale ci fa capire chi è la vera protagonista. Gretel, qui non è una bambina, ma la fanciulla che, costretta alla fuga da una società implacabile con i più deboli, sfida orrendi pericoli portando con sé l’amato fratellino a cui è legata da un profondo affetto materno.
Gretel, che ci viene presentata come una ragazza saggia, forte e dotata di potenzialità di cui non è consapevole, cercando la salvezza per Hansel e per sé non può che trovare rifugio nel cuore più oscuro della foresta dove pulsa un grande potere femminile, un potere che tuttavia si rivela essere malvagio.
La strega che li ospita e di fatto imprigiona ha costruito la sua magia sul sangue e sull’abominio più raccapricciante, eppure diviene anche una grande maestra per Gretel, offrendole la possibilità di studiare la magia della Natura e ascoltare se stessa, riconoscendo i propri talenti e la propria parte “cattiva”.
Le due donne si riconoscono come affini, la strega che sembra averla attesa da tempo la elegge sua discepola. Per diventare potente come la maestra, dovrà Greta perdere la propria umanità, sacrificando il lato affettivo e accudente per diventare quello a cui sembra predestinata?

Il film è molto più ambizioso di quanto possiamo aspettarci guardando i trailer che lo presentano come la riproposta in salsa Horror della notissima fiaba. In realtà è ricco di rappresentazioni simboliche e rimandi che non possono essere contenuti in queste poche righe. Divertitevi a riconoscerli ed interpretarli.
Talvolta la narrazione ipnotica può farci “calare la palpebra”, infatti Il film andrebbe visto in una sala cinematografica dove la potenza delle immagini arriva allo spettatore in modo più coinvolgente, tuttavia non demordete: questa resta comunque un’opera originale, lontana dai prodotti stereotipati che le piattaforme televisive ci stanno propinando da quando le sale cinematografiche sono ahimè inaccessibili.
Marisa Raggio

I Fiori di Gretel
Vediamo quali possono essere le Essenze Floreali più importanti per accompagnare la giovane Gretel nel suo periglioso cammino.

Repertorio Bach:
Mimulus, per riconoscere il proprio coraggio
Larch, per trovare la forza di ribellarsi e partire
Aspen, per scoprire il coraggio di affrontare l’oscurità
Walnut, per ricevere la protezione necessaria ad affrontare grandi   cambiamenti e grandi minacce.
Cerato, per sviluppare la capacità di fare autonomamente la scelta coerente con il proprio Sé Superiore
Chicory, per imparare a lasciare andare l’oggetto del proprio amore, permettendogli di seguire la propria strada,
impararando ad amare nella libertà propria e dell’Altro.

Repertorio F.E.S.
Black Eyed Susan, per affrontare la propria ombra
Black Cohosh, per non restare incatenate all’oscurità

PENE D’AMORE ED ESSENZE FLOREALI

PENE D’AMORE ED ESSENZE FLOREALI

Ore 14.00-17.00
Marisa Raggio
PENE D’AMORE ED ESSENZE FLOREALI
UNA DELL SFIDE PIÙ DIFFICILI PER IL/LA FLORITERAPEUTA
 
Presentazione del Seminario:
“Nella mia professione, ormai ultra ventennale, non ho mai incontrato una/un cliente che facesse più resistenza alla “guarigione” del “malato d’amore”.
Quello della sofferenza amorosa è un tunnel da cui si esita molto ad uscire, un percorso doloroso che può fare paura, poiché costringe le persone ad accettare profondi cambiamenti nelle proprie attitudini verso l’Altro e verso se stessi.
L’obiettivo del seminario è quello di indicare, con l’ausilio della floriterapia, le fasi attraverso cui guidare noi stessi ed i nostri clienti dalla sofferenza verso una nuova visione della propria vita di relazione.
Comprendere come “funzioniamo” è fondamentale: solo così possiamo evitare la ripetizione di schemi che in passato si sono rivelati nocivi.
Il seminario è consigliato ai professionisti, ma anche a tutti coloro che stanno attraversando una fase difficile della propria vita sentimentale o a chi vuole sperimentare una nuova rilettura delle proprie “pene d’amore” presenti e passate.”
Parte I°
Dal Mito alla vita quotidiana: Abbandono e Tradimento, le ferite che non vogliono guarire.
Parte II°
I Fiori per le 8 fasi di accompagnamento del cliente, dalla desolazione alla riedificazione.
 
Ah, tu pensavi che anch’io fossi una
che si possa dimenticare
e che si butti, pregando e piangendo,
sotto gli zoccoli di un baio.

O prenda a chiedere alle maghe
radichette nell’acqua incantata,
e ti invii il regalo terribile
di un fazzoletto odoroso e fatale.

Sii maledetto. Non sfiorerò con gemiti
o sguardi l’anima dannata,
ma ti giuro sul paradiso,
sull’icona miracolosa
e sull’ebbrezza delle nostre notti ardenti:
mai più tornerò da te.
Anna Achmatova

L’incontro con Pan: da  Kore a Persefone

L’incontro con Pan: da Kore a Persefone

Nella storia dell’umanità, il mito di Kore-Persefone rappresenta la narrazione più efficace di una trasformazione femminile: dalla vulnerabilità alla autorevolezza. Dovremmo ricordare ripetutamente questa storia, affinché la vibrazione potente di tale mito penetri profondamente in noi.
Ancora una volta assistiamo ad un percorso iniziatico secondo lo schema simbolico malattia-morte resurrezione: da Kore, la fanciulla legata alla madre e poi a lei strappata e trascinata in un luogo spaventoso, a Persefone, regina del mondo infero, assisa sul trono, temuta e rispettata.
Il potere di Persefone, non è solo potere politico: sebbene sia la regina del mondo infero, è soprattutto onorata come guida spirituale che svolge l’importante ruolo dello psicopompo. La dea infatti conduce le anime dei defunti verso il regno dei morti e guida gli eroi nell’Ade, in un viaggio di andata e ritorno che solo lei può rendere possibile. Persefone è l’unica fra le divinità del monte Olimpo il cui mito ci tramanda un prima e dopo, rappresentandola nella sua evoluzione.

Forse non a caso ho incontrato tante Kore e in alcuni felici occasioni ho avuto il privilegio di vederle cambiare, acquisendo alcuni degli attributi di Persefone.
Come spesso ho sottolineato, non desidero ridurre la storia di queste donne a mere “tipologie”, ognuna di loro è apparsa ai miei occhi unica e speciale. Tuttavia riconosco nelle loro difficoltà, nei loro blocchi, nella loro tristezza, così come è avvenuto prima di tutto con me stessa, l’azione di archetipi dominanti e la debolezza di altri che sarebbero invece da “tonificare”.
Alcune donne hanno chiesto il mio aiuto perché ansiose e spaventate, talvolta soggette ad attacchi di panico: “quando mi succede così penso di stare per morire”. Questa è una delle prime cose chi viene riferita.
L’attacco di panico, ovvero l’esperienza del “terrore” vero e proprio, infligge una ferita profonda, lasciando per anni un alone di vulnerabilità: la paura che possa “succedere di nuovo”.
Tuttavia molte donne non si lasciano bloccare, continuano la loro vita sviluppando una corazza robusta che le rende accanite lavoratrici, mamme e mogli perfezioniste, donne iper organizzate e talvolta tiranniche, sia nel lavoro che in famiglia. Tuttavia possono manifestare una forte dipendenza dalla figura materna che continua ad avere lo stesso ruolo rassicurante svolto nella loro infanzia. La madre protettrice può essere con gli anni sostituita da altre figure: un marito, una sorella, in alcuni casi persino un figlio.
Alcune donne confessano con imbarazzo di guidare solo se accanto a loro c’è la mamma o una sua sostituta, lo stesso avviene per i viaggi in treno, in aereo o sui mezzi pubblici, c’è anche chi riesce ad entrare in un supermercato “solo con la mamma” o non si avventura per la strada se non ha uno dei suoi figli per mano. Ricordo una ragazza che con la sua bicicletta affrontava grintosamente il traffico metropolitano, eppure quasi non si azzardava a camminare per la strada da sola. Per lei, mi spiegò con chiarezza, la bici rappresentava un rapido mezzo di fuga in un eventuale quanto improbabile “momento di emergenza”.
Tutti questi comportamenti evitanti , finiscono per condizionare pesantemente lo svolgimento della vita quotidiana, abbattendo l’autostima di queste donne che in realtà hanno spesso notevoli capacità e talenti.

Dunque la donna dominate da aspetti Kore, prima di essere incoronata regina, può sperimentare quello che tutti conosciamo come “attacco di panico”. Anche qui i riferimenti mitologici sono illuminanti.
Il prefisso “Pan” in greco antico significa “tutto”, in effetti il picco più alto di panico spesso è descritto da chi lo ha vissuto, come una esperienza di “perdita di sé”, intesa come smarrimento della propria individualità. Lo stesso prefisso, coerentemente, ci rimanda a Pan dal piede caprino, signore dei pascoli, divinità con attribuzioni sessuali molto esplicite.
Pan il selvaggio, incarna gli aspetti liberi e contraddittorii delle forze naturali, ama suonare il flauto diffondendo la sua musica sublime, ma spesso terrorizza gli umani producendo grida terribili. Il suo passatempo preferito tuttavia è costituito dall’inseguire ninfe e fanciulle umane per soddisfare la sua voracità sessuale, totalmente priva di inibizioni.
Simbolicamente, questa divinità la cui rappresentazione nel mondo cristiano è stata utilizzata per rappresentare il Diavolo, mezzo uomo e mezzo caprone, rende l’idea del pericolo che incombe sulle fanciulle inermi. Una minaccia soprattutto interna, costituita dall’affacciarsi delle proprie pulsioni erotiche, etichettate come ferine e peccaminose. Le giovani donne devono fare i conti con una misconosciuta componete istintuale percepita come perturbante, una forza maligna che le incita pericolosamente a trasgredire l’intrico di regole del sistema patriarcale.
Tali “forza oscure”, che siano rappresentate nei miti come le energie sotterranee del cupo Ade, o quelle iper vitali del dio capro, gioioso e sporcaccione, per essere ridimensionate nella loro portata terrorizzante, devono essere viste, riconosciute ed infine accettate per quello che sono: forze vitali senza le quali finiremmo per indebolirci e appassire.

Tale itinerario di smascheramento delle nostre presunte minacce interne può essere efficacemente percorso con l’ausilio della floriterapia.
Ogni essenza floreale di Bach, ma anche quelle di altri sistemi scoperti negli ultimi decenni in diverse parti del mondo, ci rimanda a caratteristiche emozionali precise che, se ci riguardano, attivano la nostra naturale tendenza a riequilibrarle.
E’ interessante come gli aspetti dissonanti della personalità Kore e le strategie messe in atto per camuffarli, possano essere efficacemente tradotti nel linguaggio della floriterapia.
Un bravo floriterapeuta sarà sicuramente in grado di consigliare i fiori più adatti ad aiutare la sua cliente Kore, iniziando dalla miscela per affrontare il picco più acuto del panico, via via contribuendo a rassicurarla, sostituendo la percezione di sé stessa come creatura fragile e vulnerabile con quella di donna adulta, consapevole delle proprie doti di autonomia e coraggio, nonché della forza sufficiente ad affrontare prove e difficoltà.

Dunque Kore si avvia a diventare Persefone: ha appreso come gestire il panico, va al supermercato da sola e da sola guida la sua macchina.
Tuttavia questa trasformazione non si può considerare veramente conclusa fino a quando le oscure minacce che ancora minano la sua sicurezza anziché essersi dissolte sono semplicemente e persino efficacemente represse. Un tale atteggiamento spesso conduce ad un forte irrigidimento nel carattere e la donna, per quanto maggiormente sicura, può diventare via via più autoritaria, potenziando la sua ossessione per il controllo e l’intransigenza nei giudizi.
In questo caso, l’isolamento ed il distacco nelle relazioni con gli altri, che viene mascherato come bisogno di spazio ed autonomia, in realtà cela il timore che la propria regalità, in fondo ancora traballante, venga messa in discussione da chi la circonda.
Insomma ci sarebbe ancora tanto lavoro da fare, ma spesso la relazione d’aiuto viene interrotta dalla cliente che sostiene di non averne più bisogno. Lo stato acuto non si ripresenta da molto tempo e quindi lei giustamente sente l’esigenza di fare da sola. Anche questa è una fase di crescita che può essere utile.
D’altra parte se l’integrazione dei propri fantasmi interiori non è completa resta la possibilità che, anche dopo tanti anni, il temuto attacco di panico si ripresenti, non necessariamente in veste di nemico, ma come consigliere, indicando che c’è ancora per la donna un pezzo di strada da percorrere.
La corona di Persefone non rappresenta una facile conquista, va guadagnata osando inoltrarsi in zone oscure, temibili, ma non necessariamente ostili.
Ci sono essenze floreali che incarnano con precisione la gamma degli stati d’animo e delle dinamiche emotive sopra descritti e dunque rappresentano per la donna un notevole supporto nell’impegnativo passaggio dalla dominanza degli aspetti Kore al potenziamento di quelli Persefone.
Ne ho scelte alcune che ritengo fondamentali, tuttavia non ne escludo altre, a seconda della specificità e della biografia della persona che le assume.

Vulnerabilità di Kore:
Rock Rose: tendenza a spaventarsi, sensazione costante di terrore.
Cerato: sfiducia nel proprio giudizio
Larch: scarsa autostima, sottovalutazione.
Clematis: difficoltà ad accettare la realtà
Crab Apple: rifiuto del proprio corpo, vergogna per le proprie necessità fisiologiche.

Strategie compensative attivate per gestire e nascondere la propria vulnerabilità:
Rock Water: autodisciplina ferrea,auto inflitta per sopperire alla percezione della debolezza
Cherry Plum: eccesso di controllo, tensione, sentirsi sempre in stato di allarme.
White Chestnut: attività mentale frenetica e tormentosa
Red Chestnut: preoccupazione eccessiva per i propri cari
Vine: impulso a gestire, coordinare e comandare. Rigidità e autoritarismo
Beech: intolleranza e rifiuto tutto ciò che sfugge al controllo.

Nell’emergenza dell’attacco di panico:
Rescue Remedy, sempre in tasca.

JOAN E FIONA: DUE ASPETTI DEL FEMMINILE            (Parte prima)

JOAN E FIONA: DUE ASPETTI DEL FEMMINILE (Parte prima)

Evviva il Cinema!

Due film, due gigantesche attrici, in questo momento la fanno da padrone nelle sale cinematografiche.

“The Wife”, con una Glen Close lanciata verso l’Oscar, e “Il Verdetto, the children act”, interpretato da Emma Thomson, in uno dei ruoli più importanti della sua magnifica carriera.

(Di seguito riferimenti alle vicende narrate dalle due pellicole e quindi anticipazioni di eventuali colpi di scena.)

Ci sarebbero tante considerazioni da fare su queste due pellicole ricche di temi complessi, ma qui desidero proporre una lettura in chiave archetipica delle due protagoniste.

Sono sorpresa che proprio in questo momento storico, quando i modelli mediatici ci rimandano a un femminile “evergreen”, perfetto fino all’artificio grottesco, le due mattatrici non solo siano donne, ma pure “mayores” (vecchie), come dicono garbatamente gli spagnoli.

Lo rende evidente la macchina da presa mentre accarezza il viso delle attrici in impietosi quanto amorevoli primi piani che seguono la mappa delle rughe, la piega amara della bocca, la fronte cronicamente corrugata.

Due figure titaniche che rappresentano una ghiotta occasione per svelare l’aspetto archetipico che loro rappresentano.

 

THE WIFE-Vivere nell’ombra

“The Wife”: è la storia di un matrimonio e soprattutto di un segreto faticosamente e dolorosamente celato.

Il film presenta i coniugi Castleman, Joe e Joan, in attesa di una importante comunicazione. Il marito è nervoso, impone alla moglie un triste coito “ perché lui si deve rilassare”, e lei per quanto assonnata, docilmente lo accontenta. Finalmente arriva dalla Svezia la telefonata e loro possono esultare come due ragazzini: Joe ha vinto il premio Nobel per la letteratura, il sogno si è avverato, lui è il più grande scrittore vivente.

Joan però, dietro alla facciata dell’esultanza, è sconvolta, mille ricordi, riflessioni e valutazioni affiorano nella sua mente, riportando a galla il “grande segreto”.

Nella lussuosa frenesia di una Stoccolma che prepara le Celebrazioni per la consegna dei Nobel, Joan si trova a rivivere il passato, quasi che tutto quello sfarzo, l’accoglienza straordinaria loro riservata, renda ancora più scabro il dolore per il suo enorme sacrificio, quel dono che lei ha strappato da sé e offerto al marito.

Joe in realtà non è un genio e neanche un artista, lei, la piccola moglie solerte, è la creatrice delle opere che gli stanno regalando imperitura fama, lui non è che un uomo comune, a cui la sposa ha consegnato scettro e corona.

Il velo si squarcia, da lì in avanti la situazione precipita, anche in modo imprevedibile, ma nessuno si salva, la verità, se mai sarà svelata, e in questo il regista lascia il finale aperto, comunque giunge troppo tardi.

Già il titolo ci dice che si sta raccontando la storia di una moglie, anzi, la Moglie, che vive una quotidianità confortevole e agiata, come il marito le rifaccia durante un alterco. Joan però non sembra mai compiaciuta di tanta abbondanza, piuttosto appare impegnata instancabilmente nell’onorare l’unico culto a cui ha immolato quaranta anni di vita: il Matrimonio Perfetto.

E’ qui inevitabile l’accostamento con la divinità greca Era, moglie del sommo Zeus, sovrano di dei e uomini, dunque lei stesa regina. Il Mito, ce la descrive potente e regale, dea “dai cento occhi” che utilizza per tenere sotto controllo un marito farfallone. Molto onorata nel mondo classico, in quanto protettrice dell’istituzione alla base della società civile: il matrimonio, Era è perennemente impegnata nel mantenere il suo ruolo di first lady, alternando ira e arrendevolezza nei riguardi di uno sposo narcisista e infedele.

Quante donne così hanno attraversato la storia e la società moderna all’ombra del loro marito?

“Dietro un grande uomo ecc…” una frase che mi ha sempre fatto rabbrividire, stimolando una domanda: quali rinunce, umiliazioni, bugie, quanti compromessi dietro a queste grandi donne che scelgono di stare dietro a tali presunti grandi uomini?

Qui sta il nodo della vicenda: Joan aveva creduto di potersi sottoporre a qualsiasi sacrificio, onere, segreto, pur di mantenere l’immago del matrimonio perfetto. Disposta anche a ingoiare la sua possessività, cercando di sublimare l’onta del tradimento con un atto creativo che alla fine non le apparterrà neanche, perché lei stessa sceglie di deporre i frutti del suo talento ai piedi del coniuge, assiso sul trono che lei stessa gli ha assegnato.

Joan, così come non riesce a proteggere i parti del proprio genio creativo dall’ingordigia infantile dello sposo, così non riesce a proteggere il figlio, la cui autostima è sistematicamente minata dalla patologica competitività paterna, proprio come Freud insegna.

Anche qui la spinta archetipica moglie-Era supera l’istinto materno e non le permette di opporsi al suo Signore per schierarsi a fianco del figlio che alla fine è sia vittima sacrificale del matrimonio perfetto, sia il tarlo che finirà per scardinare l’allestimento così sapientemente costruito da entrambe i genitori in quaranta anni di vita in comune.

Creare un grande uomo e poi restare nella sua ombra è una scelta approvata, anzi, socialmente consigliata, una scelta fatta di paura, insicurezza, cronica fame di amore, bisogno di accettazione. Una scelta che finisce per avere un costo altissimo. Il prezzo pagato è quello del dolore, della rinuncia continua a essere veramente sé stessa.

Il film sembra suggerire, senza possibilità di riscatto o liberazione, che il patto fatale non si scioglierà neanche con la morte.

A noi resta una domanda: il sacrificio di questa Era contemporanea, è stato dettato dall’amore per il partner o dalla sua ferrea volontà di alimentare quella proiezione che aveva fatto da ragazza sul vanesio insegnante di letteratura?

Pur di essere la moglie del grande uomo, forse Joan ha posto il suo professorucolo su un piedistallo che lei stessa ha costruito, pezzo per pezzo, pagina dopo pagina.

Dunque non solo Dea officiante del Matrimonio, ma anche piccola donna fragile che non ha avuto il coraggio di essere padrona di sé stessa, lottando per affermare nel mondo la propria vocazione. Certe volte, restare dietro le quinte, può essere deprimente, ma anche infinitamente più rassicurante, soprattutto per le donne che da millenni si sentono ripetere che valgono poco, troppo poco. (Continua)

Marisa Raggio     I Fiori e le Dee

 

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