luce Archives - Il Canto di Estia di Marisa Raggio

CRONACA FLOREALE DEI GIORNI PIÙ STRANI: COVID 2020. Parte 1°

CRONACA FLOREALE DEI GIORNI PIÙ STRANI: COVID 2020. Parte 1°

Strani giorni abbiamo vissuto negli ultimi quattro mesi e i mutamenti a cui dobbiamo imparare ad adeguarci non sono ancora finiti.
Nei giorni di lockdown stretto ed anche nel mese successivo ho avuto l’occasione di ascoltare diverse persone che cercavano di esprimere le loro emozioni riguardo alla situazione che stavamo vivendo. Io per prima ho cercato di riflettere su come mi sentivo in questa altalena umorale che ogni mattina mutava.
L’insegnamento di Edward Bach e le essenze floreali da lui scoperte restano per me un fondamentale punto di riferimento e ogni emozione a mio avviso è tradotta splendidamente dai suoi 38 Fiori.
Mi sono dunque sentita stimolata a tradurre gli stati d’animo condivisi da coloro che ascoltavo in alcuni Fiori, cercando di tenere una piccola cronaca dei giorni più difficili della quarantena.

I PRIMI GIORNI, MUSTARD 10 marzo 2020

Quale è stato per voi il Fiore sta facendo la differenza in questi giorni di emergenza Coronavirus?
Nel mio casa l’emozione dominante è lo sconforto e la cupezza, così mi sono rivolta al Fiore di Bach MUSTARD (Sinapis Arvensis)

Assunta la miscela in poco tempo ho avvertito un senso di maggior leggerezza e mi sono ritrovata a cantare mentre alacremente pulivo e disinfettavo.
Del resto lo sappiamo, ad ognuno i suoi fiori. Bach docet: consideriamo la persona e non la “malattia”.
MUSTARD, la nostra Senape, è una pianta molto nota in cucina per la salsa aromatica che si ricava dai suoi semi, ma anche le foglie sono commestibili.
Molto utilizzata in agricoltura per la pratica del “sovescio”*, cresce bene in territori ben soleggiati.
Il dato per noi più interessante è il suo colore: un giallo acceso che ci fa subito pensare alla luce e al sole.
Così lo descrive il dottor Bach:
“Per coloro che sono soggetti a periodi di malinconia o, addirittura, di disperazione, come se una nube fredda e scura gettasse un’ombra cupa su di loro offuscando la luce e la gioia di vivere. Non è sempre facile trovare una spiegazione razionale a queste crisi.”
(Edward Bach, Le Opere Complete, Macro Edizioni, pag.68)

In ricordo di Laura Prano Paesano, terapeuta, insegnante e traduttrice del testo di Bach sopra citato.

Grazie a Paolo Chiabrando per la fotografia

SAINT JOHN’S WORTH: UNA FIAMMELLA NELLA NOTTE INVERNALE

SAINT JOHN’S WORTH: UNA FIAMMELLA NELLA NOTTE INVERNALE

Luce e tristezza intesa come flessione verso il basso del tono dell’umore, sono strettamente connesse. Mi è capitato spesso di ascoltare clienti che raccontavano di vivere male il ritorno all’ora solare e la conseguente riduzione delle ore di luce.

Non per tutti è così, altri amano le lunghe notti autunnali che favoriscono ritiro e raccoglimento.

Antropologi e psichiatri hanno versato fiumi d’inchiostro per descrivere il disturbo depressivo stagionale SAD, largamente diffuso fra le popolazioni nordiche. In particolare fra gli Inuit (Eschimesi) le diagnosi di depressione e il tasso di suicidi riguardano un numero impressionante di individui.

Si è sempre dato per scontato che le notti nordiche favoriscano il crollo dell’umore. Noi mediterranei fatichiamo anche solo a concepire una notte della durata di tre mesi.

Solo di recente ci si è interrogati sul fatto che proprio fra gli Inuit la diffusione di questo disturbo può non essere legata esclusivamente alla mancanza di luce, ma è aggravata dallo stile di vita e dalle difficoltà relazionali.

La vita, al di là del circolo polare artico è molto dura e la sopravvivenza di questo popolo è stata garantita soltanto dalla loro incredibile forza e da una vita comunitaria intensa e regolata in modo rigido. La stretta vicinanza fisica nei mesi più disagevoli è inevitabile e ha come contraltare un grande riserbo riguardo alle proprie emozioni. Fra gli Inuit si ritiene sconveniente manifestare le proprie emozioni o dimostrare interesse per quelle degli altri.

Dunque uccide di più l’oscurità o la mancanza di comunicazione emotiva? Luce, calore, sentimenti sono, a ben guardare, tutti termini che analogicamente ci conducono alla sfera affettiva.

Nelle ore buie durante i colloqui amo accendere una piccola candela. Solo di recente ho compreso che quella fiammella non è semplicemente un modo per rompere l’oscurità dei pomeriggi invernali, ma rappresenta anche l’intimità empatica che in quell’ambito si viene a creare fra me e il cliente.

Continuando con le analogie, per gli Antichi Greci il risveglio della Natura, dopo il sonno invernale, era simboleggiato dalla gioia della dea Demetra che correva incontro alla sua amata figlia Persefone finalmente ritornata dalle tenebre del mondo infero. La forza del loro abbraccio rappresenta ancora oggi efficacemente il potere dell’Amore che scioglie il gelo e l’oscurità.

Quando rifletto sulla polarità luce-buio, la prima essenza floreale che mi viene in mente è Saint John’s Worth, essenza floreale californiana F.E.S. nota da noi come Iperico (ipericum perforatum) e comunemente conosciuto come Erba di San Giovanni. Si tratta di una pianta di un giallo luminoso, dalle virtù risanatrici decantate già dal greco Ippocrate.

Nella cultura popolare l’Erba di San Giovanni è considerato un rimedio magico, utile per scacciare gli spiriti maligni, infatti, in molte zone di campagna è ancora chiamato ”Scaccia diavoli”.

L’olio estratto dal fiore e dalle foglie viene utilizzato per diversi disturbi e soprattutto in caso di ustioni. Questa pianta, sia per il succo rosso ed il colore dei suoi petali, che per i suoi impieghi, scottature e irritazioni, è associabile all’elemento fuoco, al calore e quindi alla luce.

Dunque non lesiniamo alle persone che lamentano uno stato d’animo abbattuto e malinconico, tra le altre essenze floreali, anche le gocce di Iperico, una formula ancora più efficace se offerta insieme al calore della nostra Accoglienza e del nostro Ascolto.

Marisa Raggio, “I Fiori e le Dee”

Pubblicato sul notiziario della Unione di Floriterapia di Milano

 

La vendetta della rabbia negata.

La vendetta della rabbia negata.

Nei giorni intorno al solstizio d’estate, quando la Luce vince sull’oscurità e il sole colonizza la notte, una riflessione su ciò che analogicamente colleghiamo all’elemento Fuoco sorge spontanea.
L’emozione che fra tutte si può maggiormente associare a questo elemento è la rabbia.

La rabbia è un’emozione buona o cattiva?
Da bambine molte di noi sono state educate a pensarla così: ogni volta che contattavamo un’emozione forte dovevamo decidere cosa farne, stabilire se potevamo concederci di viverla oppure “ingoiarla” e dimenticarcene.
Le generazioni successive alla mia hanno potuto manifestare più apertamente le loro emozioni, ma se i moderni genitori sono più inclini a tollerare le urla e le scenate delle figlie femmine, oggi la società non è ancora pronta ad accettare la “donna arrabbiata” senza etichettarla come megera o, peggio, isterica.

Eppure questa emozione contiene implicazioni ricche e complesse. La rabbia infatti è come il fuoco, può distruggere e uccidere, ma è anche dotata di un potere in grado di muovere e trasformare ciò che appare stagnante ed immutabile.
Siamo talmente imbarazzate dalla nostra rabbia che quando la sperimentiamo nei riguardi della persona amata, se non riusiamo a reprimerla, la “deviamo” verso qualcuno o qualcosa che ci sta meno a cuore.
Il partner ci tradisce? La colpa è dell’altra: “la zoccola”.
L’amica del cuore ci delude? Certo, colpa del suo partner che non la rende felice e la mette contro di noi.
Il figlio va male a scuola? Colpa dell’insegnante.
Alla fine abbiamo fatto una tale confusione da non sapere più che cosa era quella forza imbarazzante e vitale che ci aveva così spaventato e che ora, imprigionata, tende a fermentare, producendo rancore, risentimento, gelosia, autocommiserazione, e molto altro.
Insomma quell’energia potente e propulsiva si è trasformata nelle nostra gabbia, una forza che non ci spinge affatto al cambiamento, ma ci blocca.
Per chi conosce i Fiori di Bach, la traduzione di questa dinamica è immediata: da Holly a Willow.

Edward Bach nei suoi trentotto rimedi non aveva certo trascurato l’emozione della rabbia che vedeva ben rappresentata dall’Agrifoglio, Holly per gli anglofoni. Questa pianta, insieme al vischio, è considerata sacra da tempi remoti presso tutti i popoli del Nord Europa ed utilizzata come protezione contro il male, nelle lunghe notti che raggiungono la massima espansione e cominciano a declinare con il solstizio d’inverno.
Holly infatti non è una figlia dell’oscurità, bensì la messaggera di quella Luce che già sta sostituendo alle tenebre.
Alla fine di giugno con il solstizio estivo, il giorno più lungo dell’anno, l’apogeo della luce segna anche il suo declino e la notte ricomincia ad avanzare. Così in una incessante alternanza, in un ciclo che rappresenta l’essenza stessa della Vita.
Gli antichi Celti sostenevano che fosse questo il momento in cui decadeva il regno del Re Agrifoglio, per i successivi sei mesi sarebbe stato il tempo del Re Quercia, Oak, un albero sacro dai cui fiori Bach ha ricavato un altro rimedio, ma questa è un’altra storia…

Ecco dunque che così come la notte più lunga contiene già in potenza il trionfo della luce, così la nostra rabbia, questa emozione violenta, pericolosa, ma anche terribilmente vitale, incarnata da Holly nella sua manifestazione più virulenta, contiene già in sé il germe dell’Amore.
Scrive Margaretha Mijnlieff, una delle prime ed autorevoli rappresentati della Floriterapia in Italia:
“Holly permette di vedere che si ha un grande potenziale di vero amore: quel sentimento profondo che ci protegge da ogni influsso esteriore negativo, e ci dà la forza di accettare ciò che ci circonda.
Holly promuove anche l’amor proprio, in modo da farci accettare come siamo e avere la consapevolezza che siamo belli così, come siamo.” (*)

E’ un grande lavoro quello che Holly ci aiuta a fare: “integrare”, la nostra rabbia ovviamente non significa alimentarla o andarne fieri, ma trovare il coraggio per guardarla e comprendere che cosa l’ha scatenata. Quando rifletto su questo, mi appare sempre l’immagine del cinghiale che diventa davvero pericoloso solo quando è braccato o ferito.

Ci hanno addestrato ad “ingoiare il rospo”: Holly, al contrario ci spiega che questo rospo, se siamo in grado di guardarlo bene ed infine liberarlo in uno stagno, chissà mai che non abbia qualcosa da insegnarci riguardo al nostro dolore.

Da Holly a Willow
Cosa succede quando tale rabbiosa sofferenza viene repressa e ignorata? Il rospo in questione resta piazzato sullo stomaco come un cibo indigesto.
A questo proposito è interessante che D. Krämer sostenga:
“La collera trattenuta crea iperacidità di stomaco…se qualcosa non è digeribile, pesa sullo stomaco, cosa che accade sia nel caso di alimenti che non possono essere trattati, sia in caso di conflitti e problemi psichici…essi vengono rimuginati, ci si riflette, si analizza, si valuta.” (**)

Dal punto di vista emozionale può crearsi quello che Bach fotografa come uno stato Willow, rimedio ricavato dai fiori del Salice (Salix Vitellina):
“Per coloro che hanno sofferto a causa delle avversità o della sfortuna e trovano difficile accettarlo senza lamentarsi e senza provare risentimento, poiché giudicano la vita in base al successo. Sentono di non avere meritato una prova così grande, Lo trovano ingiusto e ne sono amareggiati. Spesso accade loro di provare un interesse minore verso quelle cose della vita che prima facevano loro piacere.” (***)

La rabbia esplosiva e vitale dello stato Holly è ormai scomparsa lasciando il posto ad una emozione più nascosta che tende a cronicizzarsi ed appesantire la quotidianità.

Holly e Willow sono entrambi rimedi che hanno a che fare con il risentimento e la “ira-scibilità”; nello stato Willow, tuttavia, troviamo una minore esteriorizzazione dell’emozione che è fortemente marcata dall’autocommiserazione e dall’amarezza.
Il salice vitellina è un albero che i contadini sfruttano brutalmente, lo potano in modo drastico, utilizzando i suoi rami flessibili in molti modi:
“E’ questa flessibile tolleranza che caratterizza la condizione Willow positiva.Poiché è stato tanto maltrattato come albero e ha sofferto tali abusi, può amareggiarsi e covare risentimento….
Questa condizione viene migliorata dallo sforzo della volontà positiva e dalla determinazione a superare le difficoltà della situazione.” (****)

Queste due essenze floreali hanno molto da offrirci, non esitiamo ad utilizzarle proprio quando scopriamo in noi stati emozionali che tendiamo a giudicare severamente come “sbagliati”. Ricordiamoci l’insegnamento di Bach che ci indica come all’interno del nostro “difetto” esista già la potenzialità per la sua trasformazione.

Marisa Raggio
I Fiori e le Dee

 

(*) M. Mijnlieff, La Floriterapia, edizioni Sanerebbe, Bologna. Pag 55

(**) D. Kramer, Nuove terapie con I Fiori di Bach, ed.Mediterranee. Pag 43-48

(***) Edward Bach, Le Opere Complete,macro Edizioni. Pag.73

(****) Julian e Martine Barnard, Le Erbe Curative di Edward Barnard,
FCE Natur

 

“Saint John’s Wort, il latore di Luce”

“Saint John’s Wort, il latore di Luce”

In questo periodo mi sento particolarmente attratta dalle essenze ricavate dai fiori gialli.

Amo questa stagione dell’anno in cui le ombre della sera, giorno dopo giorno, si allungano sempre più sui miei pomeriggi. Mi pare allora che nello studio, l’oscurità, appena attenuata da una vecchia abat-jour, favorisca l’introspezione e la riflessione.

Eppure qualche parte di me evidentemente ancora cerca la luce nelle corolle gialle che ne sono così ricche.

Nei paesi nordici si osserva uno stato emotivo definito “depressione stagionale” imputabile alla progressiva contrazione delle ore di luce che, nelle zone vicine al circolo polare artico, cedono il posto alla lunga notte polare la cui durata varia a seconda della latitudine.

Ho notato che per quanto noi mediterranei siamo abbondantemente nutriti dalla luce del sole, con l’inizio della stagione fredda, che spesso coincide con una lunga serie di giornate grigie e piovose, molte persone sperimentano forti cali dell’umore, malinconia e senso di spossatezza.

L’Iperico (ipericum perforatum) comunemente conosciuto come Erba di San Giovanni, è una pianta di un giallo luminoso, le cui virtù risanatrici sono note dai tempi più remoti, infatti la cita già il greco Ippocrate, considerato il primo medico della storia.

Nella cultura popolare di molte regioni troviamo l’Erba di San Giovanni come rimedio magico, utile per scacciare gli spiriti maligni, infatti, in molte zone di campagna è ancora chiamata ”Scacciadiavoli”.

Particolarmente diffuso l’olio estratto dal fiore e dalle foglie, di una tipica colorazione rossa, che, considerato un vero toccasana, viene utilizzato per diverse patologie, soprattutto in caso di ustioni, infiammazioni cutanee ed è indicato anche come cicatrizzante e antirughe.

Mi pare palese che questa pianta, sia per le sue caratteristiche strutturali (ad es. il succo rosso ed il colore dei suoi petali), che per i suoi impieghi, (scottature e irritazioni) è associabile all’elemento fuoco, al calore e quindi alla luce. Basti pensare come la saggezza popolare abbia sempre indicato l’Iperico come valido alleato nell’eterna guerra contro le creature maligne provenienti dal mondo delle tenebre. E che cosa rappresenta la depressione se non uno stato d’animo legato all’oscurità?

Dell’Erba di San Giovanni, nella pratica, io conosco solo l’essenza floreale Saint John’s Wort, il nome popolare anglosassone della pianta. Utilizzo spesso questa essenza che fa parte del sistema floreale scoperto da Richard Katz e Patricia Kamniski, proprio quando mi accorgo che il cliente ha avuto un lieve “crollo” ed ha bisogno di ritrovare in sé una fiammella vitale. Abbiamo visto che la pianta, con il suo fiore giallo smagliante, porta la luce dove l’oscurità minaccia di avere il sopravvento, il suo effetto mi viene confermato dall’espressione sorridente e lo sguardo vivace di chi ha assunto l’essenza e torna da me dicendo: “il peggio è passato, ora non mi pesa più starmene la sera da sola in casa, mi guardo un film in TV e smetto di rimuginare pensieri tristi”.

Provate questa essenza su di voi in occasione del ritorno all’ora solare ed osservate il vostro stato d’animo… questo a mio avviso resta il modo migliore per capire come “funziona” il fiore.

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