4 Feb 2012
“Il Generale Inverno”
Non ci sono più gli inverni di una volta!: cari nostalgici eccovi serviti!
La pozza d’acqua stagnante di fronte a casa mia, che i milanesi continuano affettuosamente a chiamare Darsena in memoria dei tempi in cui lì attraccavano le chiatte cariche di merci, sabbia principalmente, da tre giorni si è trasformata in una lucida lastra di ghiaccio.
Lì, da qualche tempo, discretamente, approfittando dell’incuria dei precedenti amministratori cittadini, si sono installati dei clandestini: gallinelle d’acqua, germani reali, garzette, persino un magnifico airone cinerino, oltre a passerotti vari, merli e i soliti scrocconi, gabbiani e piccioni.
Questa terribile gelata impedisce loro di nutrirsi, ed io, ogni giorno, munita di un bel sacco di pane vecchio, non posso fare a meno di attraversare il viale, e costeggiare il naviglio, con la neve che scrocchia sotto ai miei piedi, per portare loro un poco di cibo.
Non sono sola, spesso incontro persone, tante, che fotografano questo scorcio di Milano abbellito dalla neve e dal gelo, ma non ne ho mai vista una tirare un tozzo di pane ai volatili intirizziti che si avventano subito su ciò che lancio verso di loro.
Qualcuno mi ha fatto notare che l’emergenza deve riguardare gli umani prima degli uccelli…. ovvio… ma io ho loro davanti alla finestra, e mi dispiace pensare che spariscano uccisi dal freddo.
Così, vergognandomi un poco, anche oggi sono andata dai miei amici pennuti, cercando di ignorare gli sguardi incuriositi di coppiette e fotografi. Immaginatevi la mia sorpresa quando ho sentito finalmente una voce alle mie spalle che diceva:” poverini fanno pena!” Ho appena fatto in tempo a voltarmi che ho visto un uomo alto, con lunghi capelli biondi, vestito a strati, che si allontanava a grandi falcate, sostando ogni tanto a frugare nei cestini. Per raggiungerlo ho dovuto correre sul sentiero scivoloso per il ghiaccio, non potevo lasciarlo andare via senza una parola.
Così mi sono avvicinata e gli ho chiesto: ” ti prendi qualche cosa di caldo?” e lui mi ha risposto pronto, mostrandomi un viso giovane e gradevole e un sorriso molto sdentato: “certo, vino!”
Io gli ho allungato la banconota di piccolo taglio che avevo in tasca raccomandandogli di non addormentarsi all’aperto: “vai in metropolitana piuttosto! ” gli ho ripetuto diverse volte , ma lui sorrideva, scrollava le spalle e continuava a benedirmi, alla fine ha chiesto il mio nome e ci siamo divisi.
Ho fatto un poco di strada e l’ho sentito che mi chiamava sventolando la banconota:
” Marisa, Marisa, io chiamo Valentino e fra pochi giorni è mia festa, questo è mio regalo per mia festa, ricordati di me per mia festa “. Poi mi ha girato le spalle e se n’è andato con le sue lunghe gambe da trampoliere.
Bè Valentino, puoi stare tranquillo, il 14 febbraio di te mi ricorderò sicuramente e in queste notti potrò solo sperare che il pieno di vino non ti impedisca di rifugiarti nel mezzanino del metrò.
Ve lo consiglio di cuore, mettete qualche briciola sul balcone e non abbiate timore a rispondere alle persone gentili.
Sereno inverno a tutti voi.
Marisa
(Questa storia è accaduta oggi 4 febbrio 2012 alle ore 16, a Milano, esattamente come ve la sto raccontando, senza aggiunta di fronzoli abbellimenti vari)
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